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    Riconoscimento Giusti fra le Nazioni alle famiglie Cencelli e Gessini

    Il Manuale Cancelli è un’espressione giornalistica entrata da tempo nel gergo della politica italiana con cui si fa riferimento all’assegnazione, e in certi  casi alla spartizione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politico correnti in proporzione al loro peso. È un’espressione a volte usata in senso ironico o dispregiativo, per alludere a nomine effettuate in una mera logica di spartizione in assenza di meritocrazia e di un giudizio di qualità dei candidati. L’espressione trae origine dal cognome di Massimiliano Cencelli, un funzionario della Democrazia Cristiana, che in un’intervista a metà degli anni ‘80 ne svelò gli antefatti, raccontando come nacque in seno alla Democrazia Cristiana l’idea di una divisione delle poltrone in proporzione al peso politico di ciascuna corrente.

    Massimiliano Cencelli, oggi è un ottantatreenne, che aveva appena sette anni quando la sua famiglia ospitò, durante l’occupazione nazista, un bambino ebreo salvandolo dalla Shoah. Quel ragazzino, Leone Terracina, oggi ottantunenne, non ha dimenticato, come non ha dimenticato quel gesto coraggioso anche lo Stato d’Israele che ha consegnato a Massimiliano Cencelli la medaglia d’oro alla memoria del padre e della madre, Armando e Luisa, insigniti del titolo dei Giusti fra le Nazioni insieme ad altri due coniugi Ludovico e Iole Gessini che salvarono altri esponenti della famiglia Terracina. 

    Ieri, presso il centro ebraico “Pitigliani”, si è tenuta la cerimonia di consegna della medaglia di “Giusto fra le Nazioni”. Molti gli invitati, tra cui il Presidente del Pitigliani, l’avvocato Bruno Sed, la presidentessa della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, e l’ambasciatore d’Israele, Dror Eydar. Presente anche la Scuola Ebraica elementare “Vittorio Polacco” ed il Liceo Statale “Leonardo Da vinci”. 

    La nascita di questa onorificenza non è da collocare, come spesso siamo abituati a pensare, all’epoca della seconda guerra mondiale, quando molte persone riuscirono a salvare gli ebrei in fuga dalle persecuzioni. Infatti, il concetto di Giusto fra le Nazioni è tratto dalla letteratura talmudica (trattato Baba Batra, 15-2,) nella quale, con tale titolo, si vuole indicare un qualsiasi non-ebreo che abbia salvato la vita di un ebreo a costo della propria. La decisione sul conferimento di tale medaglia è gestita e organizzata dal Museo memoriale dello Yad Vashem, fondato nel 1953 sul Monte Herzl, in Israele, con lo scopo sia di ricordare la Shoà, sia di premiare chi sacrificò e mise a repentaglio la propria vita per aiutare gli ebrei di tutto il mondo durante l’oppressione nazifascista. Per questo è stato organizzato quest’evento, per premiare quelle famiglie che nella retata del Ghetto di Roma dettero riparo ad un ebreo, Leone Terracina, dimostrando un forte senso di solidarietà e fratellanza. Uno spiraglio di luce in mezzo al buio dell’indifferenza dell’epoca, che uccise tanto quanto fecero i nazisti. Ciononostante, oggi siamo qui per ricordare, perché la religione ebraica si basa sull’Yzkor, sul ricordo. È proprio sul ricordo che si fonda l’ebreo dell’avvenire, affinché non si dimentichi da dove proviene e, come è solito dire, di cosa gli abbia “fatto Amalèk”. Infatti, come ha tenuto a precisare l’ambasciatore d’Israele, il popolo ebraico è stato presente per secoli in tutte le civiltà del mondo, mescolandosi con esse senza, comunque, abbandonare le proprie radici. Abbiamo vissuto i Babilonesi e la grandezza dell’Impero Romano di cui, però, oggi rimangono solamente i resti. Siamo come l’olio mischiato all’acqua: ci mescoliamo senza unirci del tutto e mentre le Grandi della storia oggi sono solo un ricordo, noi, in quanto ebrei, rimaniamo vivi e prosperosi. Ed anche nel periodo del Fascismo e del Nazismo, considerate le più buie pagine della storia e del percorso del popolo ebraico, reduce dall’inquisizione e dalla cacciata dalla Spagna, siamo riusciti a continuare a vivere. Una strage avvenuta per mano, anche, di chi voltò la faccia agli ebrei in fuga. Tuttavia, al contempo, dobbiamo ricordare chi invece non abbassò il volto all’indifferenza e alla cattiveria dei nazisti salvando migliaia di vite umane. Tra queste eccezionali famiglie ricordiamo, appunto, i Cencelli ed i Gessini, che, qui con noi oggi, non possono trattenere l’emozione nel vedere l’operato delle loro azioni. Uomini e donne che nemmeno per un istante hanno avuto l’intenzione di agire per essere premiate (Requisito fondamentale per rientrare nella categoria dei Giusti fra le Nazioni).

    Nella cerimonia di consegna delle onorificenze, molte le parole ed i pensieri. Per questo il Dott. Cencelli, che ha ritirato l’onorificenza, durante il suo intervento ha preferito seguire il cuore piuttosto che quanto si fosse preparato ad esporre, emozionando l’intera sala. Muove le mani in segno di grande emozione e poi racconta: “Quella mattina avevo sette anni quando bussarono alla porta di casa. Giulio Terracina venne con un ragazzino in mano dicendo:” Armando, al Ghetto ci portano tutti via”. Terracina poi andò via e lascio il figlio a noi, che è cresciuto come un fratello”. Parole toccanti quelle del Signor Cencelli, che conclude dicendo:” Dopodiché, le sorelle vennero sistemate da papà al Centro, al Gianicolo, dove purtroppo vennero battezzate… ma non credo che sia un problema”. Una frase che suscita una risata nei volti degli spettatori, una risata che fa riflettere. Un discorso toccante che gode del silenzio assoluto dell’aula. Per ultimo prende la parola il Signor Terracina visibilmente provato, che decide, in modo molto umile e toccante, di non mettersi alla vista di tutti, ma che preferisce ringraziare i presenti e, ancor di più, le famiglie che lo hanno salvato, da tempo sue intime amiche. Poche parole, poi, un gesto inaspettato a sorpresa di tutti: fa alzare i propri familiari dai loro posti mostrandoli agli invitati per dimostrare quanto il coraggio, la benevolenza e la giustizia possano fare. Un religioso silenzio seguito dall’ovazione della gente e dal battito emozionante delle mani in segno di un grande rispetto per le famiglie quest’oggi onorate, e per la famiglia Terracina. Come tutti hanno tenuto a precisare, citando il Talmud, “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Al termine degli interventi degli invitati, c’è stata la premiazione con la lettura, in italiano ed ebraico, del “Certificato d’Onore”, “l’attestato di Benemerenza” e poi la consegna della medaglia.

    Secondo una statistica di Yad Vashem, i Giusti riconosciuti in Italia sono 694. Alla data del l° gennaio 2018 sono stati riconosciuti da Yad Vashem 26.973 Giusti tra le nazioni di 51 diversi paesi. Ad oggi, è con onore che si uniscono al censimento la famiglia Cencelli e Gessini.

    La cerimonia è poi terminata con l’inno d’Italia, e, a seguire, l’inno d’Israele, l’Hatikva.

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