In occasione della celebrazione del Giorno della Memoria 2024 torna con la XIII edizione il progetto “Memorie di Famiglia – i giovani tramandano le storie dei nonni”; si svolgerà il 21 gennaio alle 10.30, in streaming sulla pagina Facebook del Pitigliani. L’iniziativa si impegna a raccontare e a tramandare la Memoria attraverso le testimonianze di famiglie provenienti dalle Comunità Ebraiche di tutta Italia e non solo.
Intitolata “L’ora della scelta”, questa edizione è incentrata sulle testimonianze, riferite non solo a Roma ma a tutta l’Italia occupata, dei giusti e degli ingiusti, ossia i salvatori e i delatori. Sia sugli uni che sugli altri molti sono gli studi anche importanti, le pubblicazioni di fonti, e nel caso dei giusti i riconoscimenti. Il gruppo di lavoro ha provato ad individuare testimonianze che sono passate inosservate, sfuggite ad ogni riconoscimento, ricordate solo, nel caso dei giusti, da chi era stato salvato, e nel caso degli ingiusti, da chi ricorda delazioni, consegne ai nazifascisti e anche furti e saccheggi.
Un progetto difficile: nel caso dei giusti, la trasmissione delle fonti, il dare un nome a chi vogliamo ricordare, il racconto delle storie è più lineare. Nel caso degli ingiusti, si tratta invece di cogliere personaggi spesso senza nome, sospetti o anche certezze non confortate da prove certe nelle testimonianze. Il titolo proposto si richiama così a un problema importante, decisivo, che è quello di come si diventa giusti e di come si diventa ingiusti. Quale fu per loro il momento, consapevole o meno che fosse, della scelta?
Una storia di grande solidarietà è quella dei bambini dell’orfanotrofio di Torino, messi in salvo durante i bombardamenti a Casale Monferrato dalla direttrice Gioconda Carmi e poi, dopo l’8 settembre, nascosti in casa di una collaboratrice della Comunità di Casale, Giuseppina Gusmano. È lei che porta a casa sua ben sedici bambini, li nasconde e li mette in salvo fino alla Liberazione. “Nessuno dei vicini, nonostante le laute ricompense erogate dai fascisti, disse una parola, nessuno li tradì, anzi, qualcuno fece spazio nei letti dei propri figli, altri portarono materassi, coperte, vestiti, cibo”. A Casale nessuna spiata.
All’estremo opposto, una spia dei nazisti, questa volta un ebreo, Mauro Grini. Triestino, Grini operò, sotto lo pseudonimo di dr. Manzoni, oltre che a Trieste anche a Venezia e a Milano, insieme al capitano delle SS Franz Stangl, già comandante del campo di sterminio di Treblinka e di Sobibor, e ancor prima coinvolto nello sterminio dei malati nell’operazione T4. Come risulta dalla sentenza di condanna alla fucilazione emessa dalla Corte d’assise di Milano, mai però eseguita perché Grini era contumace, forse nascosto, forse assassinato dai suoi stessi amici delle SS, Grini era particolarmente, anche se non esclusivamente, attivo nell’arresto di ebrei ricoverati in ospedali o case di riposo. Grini fu giudicato, fra l’altro, colpevole anche della deportazione degli anziani della Casa di Riposo di Venezia, dove fra gli altri, il 18 agosto 1944, fu deportato anche Moisè Calimani, shammash (scaccino) nella Casa di Riposo e la cui testimonianza, opera del figlio Bruno, è tra quelle più significative dell’edizione di quest’anno del progetto. Nonostante il ruolo di Mauro Grini nell’arresto degli ospiti della casa di riposo, fra cui il rabbino Ottolenghi, cieco, sia noto e comprovato dalle carte giudiziarie, non ne esiste quasi memoria, nemmeno nel particolareggiato resoconto di Bruno Calimani, malgrado l’uscita, nel 2015, di un libro a lui dedicato da Roberto Curcio.