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    L’assordante silenzio antisemita sugli stupri del 7 ottobre

    La mancanza di condanna degli stupri e delle barbarie perpetrate da Hamas da parte dei paladini dei diritti umani e della difesa delle donne è un silenzio assordante. Una pagina nera della storia delle associazioni che in questo paese si sono battute e si battono contro i femminicidi, per la gender equality e per la causa delle donne. Un silenzio che rimbomba anche da oltreoceano, da quegli organismi che fondano la loro esistenza su questo: vigilare e condannare.

     

    È un silenzio che scandalizza, che ferisce, che umilia. Ingiusto e straziante per le vittime e per il mondo civile. Una ferita alla giustizia. È però un silenzio che ci dice molto. Perché ci parla di istituzioni che non riescono a vedere le vittime, se condannare i colpevoli significa intaccare la storia che da anni appoggiano, raccontano e finanziano. Le scene delle ragazze stuprate, martoriate, uccise, mutilate, brutalizzate sono sotto gli occhi di tutti.

     

    Persone che hanno costruito tutta la loro carriera politica sulla difesa dei diritti umani non sono riuscite a condannare in modo netto i carnefici e nemmeno a solidarizzare con le vittime. E quelle rare volte che lo hanno fatto sono state usate frasi condite sempre di “se” e di “ma”. Oppure sono state affermazioni subito seguite dalla descrizione delle condizioni dei palestinesi a Gaza sotto i bombardamenti. Un modo puerile per giustificare, ma senza farlo espressamente, le azioni terroristiche. Un modo vigliacco, cerchiobottista e inopportuno.

     

    Invece di vedere espressioni di solidarietà abbiamo dovuto assistere a comportamenti al limite della complicità. Ci sono casi in cui si deve condannare e basta. Senza aggiungere altro. A nessuno verrebbe in mente di giustificare uno stupro in Italia con dei “ma”.

     

    Vorrei domandare a Oxfam, a Save the Children, ad Amnesty, a persone come la Boldrini, a tutte le associazioni finanziate con i nostri soldi, cosa direbbero se dei terroristi entrassero in un’università italiana e si mettessero a stuprare, mutilare e uccidere le studentesse dopo aver ucciso i loro compagni? Se dalle aule arrivassero foto e video degli stupratori che ridono, che le violentano sopra i corpi dei loro amici, che le uccidono ancora prima di tirarsi su i pantaloni. È immaginabile pensare che starebbero in silenzio? No. Non lo è. Allora perché è così difficile per loro condannare quello che è successo?

     

    Perché non riescono a pronunciare una parola di pietà e di solidarietà per quanto accaduto in Israele? Quasi tutti quelli che tacciono lo fanno per calcolo politico: le vittime non sono dalla parte di quelli che li votano o li sostengono o li finanziano. E se non è per calcolo politico è perché invece di onorare le poltrone su cui siedono, sono pervasi da ideologia.

     

    Mi sento di ricordare a queste istituzioni, a questi “paladini” dei diritti civili, che le vittime erano figlie, madri, sorelle, nipoti, esattamente  come lo sono quelle per cui si sentono invece di esternare, per le quali rilasciano interviste, scrivono libri, vanno in televisione. Non sono diverse. Sono le stesse persone. Le stesse donne. Solo che i fatti da condannare sono accaduti in Israele. Essere israeliane rende queste vittime meno degne della solidarietà degli organismi preposti a lottare contro i femminicidi, gli stupri, le violenze? Le rende meno degne di avere la solidarietà di #meetoo?

     

    È antisemitismo? Probabilmente sì.

     

    Troppe volte abbiamo assistito a silenzi a senso unico da parte di chi dovrebbe denunciare. Per anni abbiamo sentito minimizzare gli atti di antisemitismo come “bravate” fatte da “pochi individui” delle “ragazzate”. E forse molti ci avevano  anche creduto. Ora la realtà è sotto gli occhi di tutti. Per queste entità, rimanere silenti davanti all’orrore in terra è un mero calcolo che vale più di una parola di condanna.

     

    Queste persone e queste istituzioni si sono macchiate di un marchio di vergogna che le accompagnerà per sempre e che ne ha svelato l’ipocrisia. I Terroristi non si sono fermati davanti ai civili, davanti alle donne, davanti ai bambini e chi dovrebbe vigilare e condannare non riesce nemmeno a dire “rilasciate gli ostaggi.”

     

    I volti e i nomi di queste donne e di queste vittime dovrebbero essere onorati ed è triste e sconfortante vedere che c’è chi non riesce nemmeno a pronunciarli.

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