Mancano solo due settimane alle elezioni politiche in Israele, ripetute dopo l’impossibilità di costituire un governo con i risultati di aprile, e la situazione non sembra affatto più chiara. I numerosi sondaggi riportano più o meno le stesse cifre. Nel confronto fra centro destra (likud, partiti religiosi, nuovo partito unificato della destra) e centro sinistra (binaco-azzurri, laburisti, estrema sinistra di Meretz alleata a Barak), il primo si colloca fra i 55 e i 58 seggi (la maggioranza è 61) e il secondo fra i 41 e i 43 (https://en.wikipedia.org/wiki/Opinion_polling_for_the_September_2019_Israeli_legislative_election). Il problema è che vi sono due forze fuori da questo schema: la prima, cui i sontaggi attribuiscono 10 o 11 seggi, è la lista araba unita, che è sempre rimasta fuori dalle maggioranze per sua scelta e per consenso degli altri partiti, non per la sua composizione etnica ma per la sua ideologia antisionista e spesso apertamente filoterrorista. La seconda forza è Israel Beitenu di Liberman (9-10 seggi), che tradizionalmente apparteneva allo schieramento di destra, da cui è uscita in odio a Netanyahu e ai partiti religiosi. Esiste dunque una maggioranza di blocco contro un nuovo governo Netanyahu, che conta fra i 62 e i 65 seggi. Ma può essa tradursi in maggioranza di governo? Per farlo dovrebbe includere i partiti antisionisti, o almeno dar loro un potere determinante di veto. Qualcuno ha avenzato delle proposte in questo senso, ma non sarà facile. Oppure il Likud dovrebbe sacrificare Netanyahu, che è il suo leader (e il più grande primo minsitro di Israele dai tempi di Ben Gurion). O si dovrebbe spaccare il movimento Blu e bianco, con Gantz annesso alla maggioranza del Likud e Lapid respinto all’opposizione. O Liberman dovrebbe fare un altro dei suoi vertiginosi voltafaccia. O ci dovrebbe essere una riscossa del Likud rispetto ai dati dei sondaggi, che non è impossibile perché è già avvenuta in passato. Certo l’elettorato sembra poco coinvolto nell’agitazione del quadro politico e non si può pensare a un’altra ripetizione elettorale. E tutt’intorno a Israele si addensano le minacce di guerra. E’ un momento molto delicato, che noi da lontano possiamo solo seguire con trepidazione, sperando che lo Stato ebraico non perda la linea politica sionista che ha portato a tanti successi negli ultimi anni.