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    Israele: i soccorsi di United Hatzalah sul campo di guerra – Intervista al referente Raphael Poch

    United Hatzalah è un’organizzazione no-profit israeliana che opera su basa volontaria come Servizio Medico di Emergenza (EMS) in tutto il Paese. Addestrata a muoversi in scenari critici, fornisce servizio di pronto soccorso e funge da collante con gli ospedali. Da sabato mattina lavora incessantemente per aiutare civili e soldati impegnati nella guerra che Hamas ha scatenato contro Israele. 

    “La situazione è tesa e la gente in ansia, mentre il Paese cerca di fornire una risposta congiunta all’attacco – spiega a Shalom Raphael Poch, referente di United Hatzalah – I nostri soccorritori sono ai confini del Paese. Abbiamo allestito cliniche mediche e stiamo lavorando congiuntamente alle unità dell’esercito per trasportare i feriti negli Ospedali con ambulanze ed elicotteri”.

    I terroristi hanno assaltato villaggi e città con sparatorie e incursioni, mentre dal cielo piovevano continuamente i razzi che l’Iron Dome cercava di intercettare. Anche i residenti si mobilitano per aiutare, chi facendo la spesa e chi donando il sangue, ma anche alcuni di loro hanno bisogno di aiuti. “Cerchiamo di soccorrere tutti, portando cibo e acqua ai civili, ma soprattutto ai soldati. Andiamo porta a porta per assicurarci che le persone abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno”.

    Continui team di medici e infermieri sono schierati nelle zone rosse. L’allerta è scattata subito anche per United Hatzalah, che ha risposto al proprio dovere con tutti i rischi annessi. “Per salvare la vita di un poliziotto, un nostro volontario ha subito due ferite da arma da fuoco: una al ginocchio e una alla testa. È stato salvato, ma un altro nostro volontario non ce l’ha fatta”.

    Anche Raphael non ricorda un simile dramma dalla Guerra del Kippur. La violenza è inaudita e non conosce limiti. Si spara a donne, uomini, bambini, anziani e malati senza alcuna distinzione, persino ambulanze e soccorritori vengono presi di mira per rallentare il processo di soccorso e assistenza.

    “È qualcosa di nuovo. Siamo addestrati a questi scenari, ma è orribile vedere che uccidano qualsiasi persona senza remora alcuna. I nostri volontari corrono molti rischi, ma lavoriamo con tutte le precauzioni: giubbotti antiproiettile, protezioni e protocolli di sicurezza. Nella maggior parte dei casi sono efficaci, ma il numero di persone coinvolte è enorme e ci sono tante variabili”.

    Le risorse dispiegate in campo sono molteplici, altrettanto il bisogno di aiuto. Raphael si appella a chiunque voglia donare, affinché cure e mezzi possano giungere a chi in queste combatte la guerra per la libertà di Israele.

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