I nostri Maestri nel Talmud babilonese (Rosh Ha-Shanà, 16b) trattano l’argomento dei dieci giorni tra Rosh Ha-Shanà e Kippur con queste parole: “Disse rabbi Kruspedai a nome di rabbi Yochanan: tre libri vengono aperti a Rosh ha-Shanà: uno dei malvagi completi, uno dei giusti completi e uno delle persone intermedie. I giusti completi vengono scritti e confermati subito a rimanere in vita; i malvagi completi vengono scritti e confermati subito a morire; le persone intermedie rimangono in sospeso (teluìm ve-‘omedìm) da Rosh ha-Shanà fino al giorno di Kippur. Se sono state meritevoli, vengono scritte in vita, se non sono state meritevoli, vengono scritte alla morte”.
È chiaro che il Creatore non ha bisogno di prendere note sul comportamento degli esseri umani e questo insegnamento dei Maestri del Talmud è solo un “mashàl”, una parabola. Con tutto ciò alcuni rabbanìm, analizzando le parole dei Maestri, che sono sempre precise, hanno domandato quale sia il significato di “teluìm ve-‘omedìm” che letteralmente significa “sospesi e in pedi”. Se si è sospesi come si fa a essere in piedi. E se si è in piedi come si fa ad essere sospesi.
Una risposta la trovai nel Wall Street Journal del 6 ottobre, 1978, che era il venerdì prima di Shabbàt Teshuvà, come viene chiamato il sabato tra Rosh Ha-Shanà e Kippur. In quel quotidiano venivano citate le parole del senatore Jake Garn in opposizione a una proposta di legge. Il senatore disse: “Ci è stato detto che in alcune citta dell’antica Grecia, chi veniva a proporre una nuova legge lo doveva fare su una piattaforma nella piazza del mercato, con una corda attorno al collo. Se la legge veniva approvata, la corda veniva rimossa. Se la legge veniva respinta, era la piattaforma che veniva rimossa”. La spiegazione piacque a rav Feivel Cohen, rav del bet ha-kenèsset, e uno dei più autorevoli decisori halakhici della nostra epoca.
Così deve essere la nostra attitudine tra Rosh Ha-Shanà e Kippur. Ci sono poche persone che possono essere classificate “Giusti completi” e così pure persone “Malvagi completi”. Riguardo ai giusti, re Salomone disse in Kohèlet (Ecclesiaste, 7:20): “Certo, non v’è sulla terra alcun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai”. I giusti completi sono quindi rari, rarissimi. E anche di malvagi completi ve ne sono pochi perché anche le peggiori persone hanno fatto qualcosa di buono durante la loro vita. Siamo quindi tutti “intermedi” e quindi “sospesi e in piedi”.
Riguardo ai dieci giorni tra Rosh Ha-Shanà e Kippur, il Maimonide (Cordova, 1138-1204) nelle Hilkhòt Teshuvà, (2:6) scrive: “Anche se il pentimento e l’invocazione [a Dio] sono desiderabili in ogni momento, durante i dieci giorni tra Rosh Ha-Shanà e Yom Kippur, sono ancora più desiderabili e saranno accettati immediatamente poiché è detto (Isaia, 55:6): “Cercate l’Eterno, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino..”.
R. Avraham de Boton (c1560-c1605) che visse a Salonicco e a Costantinopoli, nel suo commento Lèchem Mishnè alle Hilkhòt Teshuvà (3:3) del Maimonide, scrive che un intermedio, cioè colui i cui meriti sono uguali ai demeriti, è obbligato a fare teshuvà. Se non fa teshuvà durante i giorni tra Rosh Ha-Shanà e Kippur, condanna se stesso perché non facendo teshuvà aggiunge una trasgressione alle altre trasgressioni e fa pesare il piatto della bilancia dalla parte delle trasgressioni. Non si può quindi rimanere “sospesi e in piedi” in modo permanente.