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    "Hava Nagila" ritorna in voga come inno ebraico

    Dalle
    località di villeggiatura ebraiche ai vivaci locali notturni: l’indimenticabile
    interpretazione di “Hava Nagila” di Harry Belafonte continua ad
    affascinare il pubblico di tutto il mondo e innesca una rinascita culturale in
    un’era di crescente antisemitismo. Nell’autobiografia pubblicata da Harry
    Belafonte nel 2011, il musicista americano ha rivelato che suo nonno paterno
    era un ebreo olandese, e forse proprio questo ha intensificato il suo legame
    con l’ebraismo. Belafonte si è infatti esibito in pezzi scritti da ebrei,
    spesso eseguiti in luoghi di villeggiatura ebraici come nelle Catskill. Sembra
    infatti che grazie a lui “Hava Naghila” sia divenuto un punto fermo
    nella playlist di ogni DJ.

    La canzone
    di Belafonte ha trovato la sua strada nel mainstream americano dopo che gli
    influencer  l’hanno ascoltata e
    utilizzata in luoghi di vacanza e feste. “Diamo ai nostri DJ un elenco di
    canzoni che vorremmo inserire nel loro set, e questa è una delle più gettonate”,
    ha detto Kylie Monagan, una delle proprietarie di Calissa, un ristorante greco
    a Water Mill, NY, che ospita grandi DJ e artisti come Samantha Ronson e Wyclef
    Jean.

    “Abbiamo
    fatto delle ricerche viaggiando nel Mediterraneo, e abbiamo notato che
    moltissimi club e ristoranti suonavano questa canzone, l’abbiamo amata”,
    ha detto in un’intervista al New York Times. La canzone è stata scritta nel
    1918 da Abraham Zvi Idelsohn, un compositore che credeva che il popolo ebraico
    avesse bisogno di nuova musica in un momento in cui il sionismo e la spinta per
    una patria ebraica stavano guadagnando forza. La canzone è ispirata alle
    preghiere ebraiche ed è stata combinata con le melodie chassidiche.

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