Un esploratore delle terre ignote dello spirito umano, un lucido narratore dei grandi cambiamenti del Novecento e uno degli ultimi esponenti della cultura mitteleuropea. Era tutto questo Elias Canetti, scrittore e saggista insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1981, scomparso il 14 agosto di 25 anni fa. Durante la giovinezza, le relazioni e i viaggi contribuirono a formare il suo pensiero: Canetti nacque in Bulgaria nel 1905 da una ricca famiglia ebraica di origine sefardita (la madre, Mathilde Arditti, era di origini livornesi) che parlava il giudeo-spagnolo. Dopo la morte del padre, segui’ la madre in diverse citta’ d’Europa: Zurigo, Francoforte, Vienna (dove si laureò conseguì il dottorato in chimica, professione che però non praticò mai e verso la quale non mostrò comunque alcun interesse), per poi emigrare a Londra nel 1931. Proprio in Inghilterra, due anni prima dell’avvento al potere di Adolf Hitler, fece il suo ingresso nella scena letteraria con il romanzo “Die Blendung” (letteralmente “L’accecamento”, tradotto in italiano come “Autodafe'”, come voluto dall’autore). Una preoccupata anticipazione allegorica del totalitarismo, con al centro della storia un intellettuale metaforicamente divorato dal rogo dei suoi centomila volumi: una premonizione dell’autodistruzione della ragione occidentale e dell’uomo che ha scelto di essere “tutto testa e niente corpo”. Il romanzo fu bandito dai nazisti e non ricevette grande attenzione fino a quando non venne ripubblicato negli anni Sessanta. Sempre partendo dal nazismo, Canetti ha analizzato la psicologia del controllo sociale nel suo mastodontico saggio intitolato “Massa e Potere” (1960). Un lavoro in cui lo scrittore ha intersecato antropologia, sociologia, etologia e storia delle religioni, concentrandosi sulla dinamica dei diversi tipi di massa e sul perche’ sono affascinate dai capi e dai leader politici forti e carismatici. Un’opera imponente (lui la defini’ come “l’opera di una vita”) che mise a nudo i principi alla base del potere. Fino ad arrivare alla sua autobiografia, uno dei documenti piu’ intensi del Novecento. Divisa in tre volumi (“La lingua salvata”, “Il frutto del fuoco” e “Il gioco degli occhi”) e uscita fra il 1977 e il 1985, quest’opera lo ha consacrato definitivamente come una delle voci piu’ alte della letteratura di ogni tempo. In particolare per la sua illustrazione di quella “lingua salvata” rappresentata dal tedesco, lingua che sua madre gli aveva insegnato per amore della Vienna imperiale: per loro rappresentava il centro della cultura europea, che Canetti cerco’ di rivitalizzare alla luce dello “sfiguramento” della stessa che, a suo dire, e’ stato operato col tempo. Anche grazie al suo lavoro autobiografico, lo scrittore bulgaro naturalizzato britannico e’ stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1981 “per i suoi lavori caratterizzati da un’ampia prospettiva, ricchezza di idee e potere artistico”. Lo scrittore e’ morto a Zurigo il 14 agosto 1994. Riposa nel locale cimitero afianco a James Joyce.