Un discorso senza ambiguità quello
del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella pronunciato a Cuneo per il 25
aprile. Cita Piero Calamandrei, il Capo dello Stato, e la sua frase ad un
gruppo di giovani studenti a Milano, nel 1955. “Se volete andare in
pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle
montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei
campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la
libertà e la dignità”.
Mattarella sceglie Cuneo per
celebrare la Festa della Liberazione. “Nella terra – spiega -dei
dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle
duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste”. Non manca il ricordo
degli ebrei uccisi dai nazisti, ma anche dei collaborazionisti. “Accanto
agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire alla cattura, la più parte di
loro era di nazionalità polacca, francese, ungherese e tedesca. Si trattava di
ebrei che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio dalla Francia in Italia
ma dovettero fare i conti con la Repubblica di Salò. Profughi alla ricerca
della salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione,
dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione
assicurata ai nazisti”.
In mattinata l’omaggio di Mattarella all’altare
della patria con una corona di alloro al Milite Ignoto accompagnato dalla
premier Giorgia Meloni e dai presidenti di Camera e Senato Lorenzo Fontana e
Ignazio La Russa, al centro di molte polemiche in questi giorni sull’affermazione
per l’“antifascismo che non è in costituzione”. La premier Meloni, in una
lettera al Corriere della Sera, chiarisce che “la destra in parlamento è
incompatibile con il fascismo” e auspica una “ritrovata concordia nazionale”. Meloni
parla anche della guerra civile che continuò all’indomani della fine della
guerra e, per venire a momenti più recenti, ricorda l’atteggiamento strumentale
“che negli anni,
durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di
intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata
ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci
auguriamo di non dover più assistere”. Ma durante la lettera al Corriere della Sera non pronuncia
mai la parola antifascismo. E, dopo la cerimonia di dieci minuti all’altare
della patria, non partecipa a nessun’altra commemorazione.
Parla e partecipa alle celebrazioni
invece Ignazio La Russa: “È il giorno nel quale viene ricordata la
Liberazione dall’occupazione nazista nella Seconda Guerra Mondiale e la
sconfitta del fascismo”. La Russa visita il campo di sterminio di Terezin
e definisce al Shoah, “la più grande atrocità del secolo passato” e fa sue “le
parole di Liliana Segre: ‘C’era una bambina a Terezin che disegnò una farfalla
gialla che vola sopra i fili spinati. Che la farfalla gialla voli sempre sopra
i fili spinati'”.
Ma dal centrosinistra piovono le
critiche a Meloni e al governo. Dal PD, Francesco Boccia incalza: “Spiace che
Meloni non riesca a dirsi antifascista”, mentre il sindaco di Milano Beppe Sala
accusa: “Certe cose se si sentono bisogna dirle ad alta voce, mettendoci la
faccia. Meloni in alcune occasioni pubblicamente ha mostrato una faccia decisa,
dovrebbe dire con chiarezza e in maniera definitiva: ‘siamo antifascisti’. Mentre
la vicepresidente del parlamento europeo Pina Picierno cita l’ex rabbino capo
di Roma Elio Toaff quando era nella Brigata Garibaldi con il nome di “Gino
Lombardi”. Per la segretaria del pd Elly Schlein “chi fa politica onori memoria
e la proietti nel futuro”.
Per il leader cinque stelle Giuseppe
Conte: “Oggi anche la Meloni vuole che questa sia condivisa e rinnega
nostalgie del fascismo. Ne prendiamo atto”. Per Carlo Calenda del terzo
polo, “Bene la Meloni, male che la seconda carica dello stato, (leggi La Russa
ndr), non sia ancora in grado di dire parole chiare, anzi dice parole
completamente sbagliate anche storicamente”.
Al coraggio dell’antifascismo si
appella la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello. “C’è
uno sforzo ogni giorno da parte di tutti per unire perché il 25 aprile è il
giorno di tutti, non ci sono state differenze politiche, differenze di
religione, veramente alcun distinguo in chi ha scelto in quei giorni di
sacrificare la propria vita per donarci la libertà. Troviamo questo valore di
unità, facciamo in modo che non ci sia nessuno che se ne appropri da una parte
o dall’altra, non ci sono nostalgie. Si tratta del coraggio e del valore
assoluto dell’antifascismo innegabilmente riconosciuto da tutti noi”.