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    25 aprile e Yom HaAtzmaut: due date da festeggiare assieme

    Due date
    diverse

    Le
    combinazioni dei calendari fanno sì che quest’anno quasi si tocchino le date
    che segnano la libertà dell’Italia (il 25 aprile) e di Israele (Yom HaAtzmaut,
    il giorno dell’indipendenza che si ricorda alla data ebraica del 5 di Iyar e dunque
    cade secondo il calendario gregoriano in giorni che variano fra la fine di
    aprile e l’inizio di maggio, quest’anno il 26 aprile con inizio il 25 sera). In
    realtà Yom Ha Atzmaut ricorda il momento in cui, il 14 maggio 1948, in una sala
    del museo di Sderot Rotschild 16, già casa del sindaco Dizengoff, David Ben
    Gurion lesse
    la Dichiarazione di Indipendenza di Israele. Dato che si
    tratta di quanto di più simile a una costituzione vi sia nello Stato di
    Israele, forse sarebbe giusto paragonarlo alla promulgazione della costituzione
    italiana, che fu fatta il 27 dicembre 1947 dal Presidente provvisorio della
    Repubblica Enrico De Nicola. Ma questa è una data che nessuno ricorda, mentre
    si festeggia ancora (moderatamente) il 2 giugno, data del referendum
    istituzionale del 1946 in cui fu stabilita la repubblica, e il 25 aprile,
    quando nel 1945 il CLN proclamò l’insurrezione nazionale contro i nazifascisti.
    Per Israele la dichiarazione di indipendenza segnò il passaggio dalla guerra
    “artigianale” dei gruppi arabi locali all’aggressione militare vera e propria
    degli eserciti di ben sei stati arabi (la Transgiordania, appoggiata dagli
    inglesi, Egitto, Siria, Libano, Arabia e Iraq). La fine della guerra di
    liberazione arrivò solo nel 1949 con gli armistizi conclusi con l’Egitto il 24
    febbraio, con il Libano il 23 marzo, con la Transgiordania il 3 aprile e con la
    Siria il 20 luglio. Fu solo in questa data che Israele poté godere della
    propria libertà senza la minaccia di eserciti invasori, almeno fino alla guerra
    successiva, che sarebbe arrivata nel 1956.

    Le
    contestazioni

    Al di là di
    queste significative differenze storiche, c’è un problema politico che è emerso
    soprattutto negli ultimi anni alle manifestazioni del 25 aprile organizzate
    dall’Anpi e spesso egemonizzate dall’estrema sinistra. Gli ebrei, che hanno
    sempre partecipato anche in maniera organizzata a queste celebrazioni della
    Resistenza, si sono trovati progressivamente emarginati e contestati proprio in
    nome dell’odio verso lo stato di Israele e del sostegno alla “lotta del popolo
    palestinese”. Alla manifestazione nazionale che per tradizione si svolge a
    Milano, hanno potuto sfilare solo difesi da cordoni di polizia e di volontari
    (i City Angels, talvolta il Pd); a Roma sono stati obbligati a non partecipare
    alla manifestazione ufficiale e a celebrare la ricorrenza in altro modo.

    Gli ebrei e
    la Resistenza

    È una
    distanza che fa scandalo, non solo perché la partecipazione ebraica alla
    resistenza è stata altissima, molto superiore a quella della popolazione
    generale, e neanche perché la sofferenza ebraica dovuta al nazifascismo (la Shoah)
    non è paragonabile a quella di nessun’altra popolazione e dunque la Liberazione
    è stata importante soprattutto per chi stava nei Lager o nascosto per fuggire
    alle persecuzioni. C’è il fatto che, durante la Seconda Guerra Mondiale, il
    consistente nucleo ebraico, che viveva nel Mandato britannico e che avrebbe
    costituito lo stato di Israele si mobilitò per partecipare alla guerra contro i
    nazifascisti e, dopo molte insistenze, riuscì a convincere il governo inglese a
    consentire la costituzione di una “Brigata ebraica” che combatté in Italia e
    contribuì alla sua liberazione. Nel frattempo gli arabi in tutto il Medio
    Oriente erano schierati dalla parte dei nazisti e in particolare il loro
    leader, il gran muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini stava a Berlino godendo
    dell’amicizia di Hitler, benedicendo le SS islamiche costituite in Bosnia,
    visitando con compiacimento i campi di sterminio. Insomma lo schieramento degli
    ebrei dalla parte della resistenza e dei loro nemici dalla parte del nazismo è
    un dato storico, che si prolunga oggi nel negazionismo della Shoah praticato
    non solo dall’Iran ma anche dai leader dell’Autorità Palestinese.

    La
    vicinanza morale delle due celebrazioni

    Il 25
    aprile e Yom HaAtzmaut in realtà hanno moltissime somiglianze. Innanzitutto, sono
    entrambe date che ricordano una liberazione nazionale e che portano valori di
    libertà, di indipendenza e di progresso. Esse indicano la sconfitta di un
    percorso di oppressione, di sterminio, di imperialismo che purtroppo non sono
    cessati del tutto da allora. Esse richiamano alla memoria anche il prezzo di
    sangue che è stato necessario per la liberazione, il quale è oggetto in Israele
    di un toccante ricordo alla vigilia della festa della Liberazione (quest’anno
    proprio il 25 aprile), quando si celebra Yom HaZikaron, la giornata del ricordo
    dei caduti nelle guerre di liberazione e per mano del terrorismo. Celebrarle
    assieme è giusto e naturale; solo l’estremismo fazioso e spesso l’antisemitismo
    dei nemici di Israele può contrapporle.

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