Questo shabbath che
precede la festa di Purim si chiama “Shabbath Zachor”, il Sabato del ricordo. In
questo sabato c’è l’obbligo di ricordare quello che ci ha fatto Amaleq nel
momento dell’uscita dall’Egitto, quando gli ebrei erano provati e
affaticati e questo nemico per eccellenza del popolo ebraico andò a colpire i più
deboli rimasti indietro.
L’halachà ci insegna
che questo brano va ascoltato nella lettura pubblica nel Beth Hakneset e
riguarda tutti, uomini e donne. Sarebbe molto bello vedere le sinagoghe piene
per adempiere a questo precetto, ma soprattutto per riflettere sui tanti
significati di questo brano.
Potremmo chiamarlo
anche il “Sabato dei due ricordi”. Difatti il verbo “zachor”, “ricorda”, nella
Torà è usato per questo precetto, ma è usato anche nei dieci comandamenti per
la mitzvà dello shabbath: “Zachor et yom ha shabbath le kadeshò”, ricorda il
giorno del sabato per santificarlo.
Sono due ricordi ben
distinti, uno positivo, quello dello Shabbath, l’altro negativo, per “…cancellare
il ricordo di Amaleq…”.
Se analizziamo
brevemente i due precetti, notiamo immediatamente delle macroscopiche
differenze.
Lo shabbath, precetto
fondamentale dell’identità ebraica, in cui la famiglia si riunisce a casa e al
tempio. A casa si discute mentre si mangia e si beve, ci si confronta su idee
diverse, ma lo spirito dello shabbath pervade le nostre anime e si rimane uniti
in allegria, in alcuni casi “abbozzando”, come si dice a Roma, su alcune cose
per far prevalere l’unità e l’armonia. D’altronde il Talmud ci insegna che il
confronto civile e rispettoso dell’altro ha rappresentato dai tempi antichi la
vera freschezza e ricchezza del pensiero ebraico!
L’altro ricordo è
quello distruttivo di Amaleq. Se esaminiamo bene le parole ci rendiamo conto
del perché sia stato scelto proprio questo brano per ricordarci del nostro
nemico. Eppure nei racconti biblici di nemici del popolo ebraico ce ne sono
molti! I termini di questo racconto sono fondamentali e ci insegnano che sono
validi per tutte le generazioni.
Il testo dice: “Ricorda
quello che ti ha fatto Amaleq….. che ti è capitato per
strada…..”
Il termine ebraico
“Karechà” che viene tradotto generalmente “ti è capitato” si può interpretare
anche “che ti ha raffreddato”, ovvero che ha raffreddato l’entusiasmo di
chi aveva vissuto i prodigi che D.o aveva fatto in Egitto per renderli
liberi. E chi colpisce? Quelli che erano rimasti indietro e che erano
stanchi.
Quante volte nella
storia del nostro popolo abbiamo visto che i nostri nemici hanno fatto presa
sulle persone più lontane, rimaste indietro rispetto ai principi dell’identità
ebraica! Sono quelli che vengono sempre individuati come una facile preda, sono
quelli che poi fanno più male.
Questo brano si trova
nella parashà di “Ki tezzè”. Le prime parole di questa parashà dicono: “Quando
uscirai in guerra contro il tuo nemico….”.
Lo Zohar dice che non
si tratta di un nemico fisico, ma dello yezzer harà, il nostro istinto cattivo,
che ci porta a vedere in modo malevolo anche le persone a noi vicine, ai nostri
fratelli, alle nostre sorelle.
Quell’istinto cattivo
che ci allontana dai nostri valori fondamentali per portarci verso dinamiche
molte volte estranee alle regole plurimillenarie che ci hanno permesso di
arrivare fin qui.
Spero che in molti
questo Shabbath accorrano nei tanti Battè hakneseth della nostra comunità, che
ascoltino con attenzione e riflettano su questi profondi insegnamenti per
riuscire ad annientare questo nemico che nell’arco della nostra storia ha
tentato di dividerci, molte volte riuscendoci, per cui ne abbiamo pagato un
prezzo molto alto.
Facciamo prevalere il
primo Zachor, quello dello Shabbath, della santificazione di D.o, dello
Shabbath, delle nostre famiglie, ma fondamentalmente del popolo ebraico,
mantenendo quell’unità che ci ha fatto meritare la Manifestazione Divina sotto
il Monte Sinai.