In una mostra alle Scuderie del Quirinale, la storia straordinaria fatta di coraggio e passione con cui studiosi, funzionari o semplici uomini e donne misero in salvo opere d’arte, testi antichi e sculture dalla morsa nazista. L’esposizione dal titolo: “Arte Liberata. Capolavori salvati dalla guerra. 1937-1947” riporta alla luce, attraverso un percorso multisensoriale gli straordinari sacrifici che in molti fecero per mettere in salvo capolavori senza tempo dalla barbarie nazista. Curata da Luigi Gallo e da Raffaella Morselli, la mostra custodisce al suo interno un racconto diviso in tappe geografiche italiane, più di 100 opere: capolavori unici appartenenti a Piero Della Francesca, Luca Signorinelli, Tiziano Vecellio, Francesco Hayez e molti altri. All’interno del percorso espositivo anche una parte ebraica dedicata al salvataggio della razzia della Biblioteca Ebraica di Roma e degli oggetti liturgici che trovarono rifugio grazie ad una consegna segreta prima al Banco di Napoli, e successivamente alla ditta Bollinger. Nella sala espositiva, è stato suggestivamente ricreato l’armadio originale, attraverso immagini fotografiche, posto all’interno degli uffici della Comunità Ebraica in cui sono esposti il Codice Barcellona di Shlomo bar Rueven Bar Yehuda del 1325 prestato dall’Archivio Storico della Comunità Ebraica “Giancarlo Spizzichino”, il Codice di Arles I di Yoseph ben Shmuel di Barcellona 1202 e il Codice di Arles II di Yoseph ben Shmuel di Barcellona 1202- 1204. Assieme ai preziosi codici un completo per il Sefer Torah (libro della Torah) con Corona, Rimonim, mezza corona e meil donati da Shalom Sonnino alla Scola Castigliana nel 1855 e una Mappà, ovvero una fascia per avvolgere il rotolo della Torah, datata 1758- 1759 e donata da Menachem Sonnino alla scola tempio, tutto proveniente dal Museo Ebraico di Roma. “Il tesoro degli arredi cerimoniali ebraici che costituisce il fulcro della collezione del Museo Ebraico di Roma, è stato salvato dalla razzia degli occupanti tedeschi nel 1943 grazie al tempismo e alla generosità di uomini e donne che hanno rischiato per questo la loro vita. Anche in loro nome il Museo partecipa a questa mostra, orgoglioso di figurare accanto a capolavori indiscussi provenienti dai maggiori musei italiani” spiega a Shalom Olga Melasecchi, Direttrice del Museo Ebraico di Roma.
Il percorso espositivo è stato costruito con estrema genialità, i curatori hanno infatti ricreato un vero e proprio racconto visivo dividendolo in tre parti: si parte con le esportazioni forzate nate dalla follia di possedere opere d’arte di Adolf Hitler ed Hermann Göring. La seconda parte narra degli spostamenti delle opere d’arte del 1939. Da qui si aprono molte sottotrame narrative, non solo si racconta del Ministro Bottai che mise in sicurezza le opere ma si affrontano i rapporti tra i sovrintendenti italiani, il Vaticano, l’impegno dei funzionari di tutta Italia. Ma soprattutto lo straordinario coraggio delle curatrici: Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli e molte altre. L’esposizione si conclude con la fine della guerra e l’inizio delle restituzioni, un percorso ancora da definire in cui l’Italia venne affiancata dalla “Monuments, Fine Arts, and Archives Program”: un’associazione che diede vita ad una task force composta da professionisti di tredici diversi per proteggere le opere d’arte nelle zone di guerra.