Negli scorsi mesi gli archeologi hanno scoperto un deposito di monete d’argento di 2.200 anni fa vicino al Mar Morto. Secondo gli studiosi questa è la prima prova fisica della fuga degli ebrei nel deserto della Giudea durante le persecuzioni di Antioco IV Epifane.
Come viene raccontato nel libro dei Maccabei infatti, nel periodo precedente alla rivolta, gli ebrei non ellenizzati furono esortati a lasciare tutto e fuggire nel deserto.
A maggio, durante gli scavi in una grotta nella Riserva Naturale del Darageh Stream, gli archeologi hanno scoperto una piccola scatola di legno contenente 15 monete d’argento. Le monete furono coniate da Tolomeo VI, re d’Egitto, e risalgono al 170 a.e.v., poco anni prima che Antioco IV Epifane iniziasse a emanare dure misure contro la libertà di culto degli ebrei.
Secondo Eitan Klein dell’Israel Antiquities Authority (IAA), che ha annunciato il ritrovamento, il tesoro è stato nascosto da un ebreo in fuga, che presumibilmente è morto nelle violenze che hanno portato alla rivolta dei Maccabei.
Gli scavi di maggio fanno parte di un’operazione più ampia intrapresa dall’IAA in collaborazione con il Dipartimento di Archeologia dell’Amministrazione Civile in Giudea e Samaria e finanziata in parte dal Ministero degli Affari e del Patrimonio di Gerusalemme. Dal 2017 sono state studiate circa 500 grotte nel deserto della Giudea.
“Il progetto di indagine e scavo condotto dall’Autorità israeliana per le antichità nel deserto della Giudea negli ultimi sei anni si è dimostrato valido, in quanto migliaia di manufatti archeologici sono stati salvati dalla distruzione e dal saccheggio, comprese parti di rotoli biblici, punte di freccia dalla rivolta di Bar Kochba, un cesto di 10.500 anni fa e molto altro ancora”, ha dichiarato Amir Ganor, direttore dello scavo dell’IAA.
La scatola di legno rimasta incontaminata è stata scoperta in una delle quattro grotte di Muraba’at, dove si stanno ancora scoprendo nuovi oggetti tra cui frammenti di pergamena e tessuti straordinariamente conservati. Secondo quanto spiegato a The Times of Israel da Naama Sukenik, direttore del Laboratorio di materiali organici dell’IAA, il clima secco del deserto, combinato con l’atmosfera protetta della grotta, hanno preservato questi materiali organici in condizioni eccellenti.
Per Klein le grotte offrono ancora un enorme potenziale per ulteriori scavi e lavori in corso. “Stiamo verificando se ci sono cose nuove da scoprire”, ha detto. “Abbiamo molte grotte da visitare, ma stiamo concentrando i nostri sforzi su quei luoghi che hanno il maggior potenziale”.