È mancata a Gerusalemme Rossella
Tedeschi Fubini. Tutta la comunità di Torino e i tanti amici italiani che
vivono in Israele si sono uniti in queste ore in un commosso abbraccio al
marito musicologo Enrico Fubini, ai figli e alla famiglia di cui era una sensibilissima
e amata matriarca. Rossella ha insegnato per molti anni alla scuola ebraica
torinese, i suoi genitori furono entrambi deportati ad Auschwitz, la madre,
Giuliana Fiorentino Tedeschi, era miracolosamente scampata alle camere a gas,
al suo ritorno ritrovò le figlie Rossella e Erica, nascoste da una domestica e
scampate alla Shoah. Solo dopo la scomparsa della madre Rossella si assume il
compito di ridare voce al padre e alla nonna inghiottiti dalla furia nazista
perché: “Mio padre aveva 32 anni quando è stato deportato, e io non ne ho
alcuna memoria. Anche dopo, come succede spesso ai figli dei sopravvissuti, non
ho mai voluto chiedere nulla per paura di risvegliare il dolore”. Rossella
aveva assunto su di sé l’onere e il desiderio di trasmettere “quella vita
normale che invece loro non hanno potuto avere” Nel 1999 ha pubblicato presso
la Giuntina la sua prima raccolta liriche, ‘Davar. Voci e silenzi’. La parola
per uscire dal deserto della solitudine, come unico tentativo di colmare quel
vuoto della perdita che nulla ormai potrà più colmare, un fragile ponte sul
“monocromo lago dell’assenza”. La parola dà voce a sentimenti ancora freschi
nelle liriche giovanili di Rossella Tedeschi Fubini della prima parte,
nonostante la frequente presenza della morte; scava poi nella tradizione
ebraica midrashica in cerca di risposte in quelle della maturità e dà vita a
un’immagine di Gerusalemme che non ha nulla di idillico, ma che esprime un
amore tormentato e difficile («il peso dell’odio e del desiderio in ogni
pietra»). Alle voci diverse (le «buffe parole» dei bimbi che scaldano il cuore
o l’orgoglioso levarsi della confusione babelica) fanno riscontro i silenzi di
una comunicazione impossibile.