Il Museo di Arte e di Storia ebraica di Parigi ha inaugurato una ricchissima mostra di 180 fotografie di Edwin Blumenfeld, di cui molte mai esposte prima d’ora. “Les Tribulations de Erwin Blumenfeld, 1930-1950” propone un approfondimento sul periodo più fertile del fotografo nato a Berlino nel 1897 e morto a Roma nel 1969, sia per gli esperimenti artistici che caratterizzarono le sue opere in quegli anni sia per la rivelazione del suo talento nella fotografia di moda, che lo portò a lavorare per le più grandi riviste americane.
Tra il suo trasferimento a Parigi nel 1936 e l’inizio della sua carriera americana dopo il 1941, Erwin Blumenfeld vide cambiare il suo destino artistico e personale: la sua immersione nell’effervescenza della capitale e nel mondo della moda fu brutalmente interrotta dalla sconfitta della Francia del 1940. Nei mesi successivi vagabondò senza successo alla ricerca di un rifugio, venne internato come straniero indesiderato in alcuni campi francesi prima di ottenere un visto per gli Stati Uniti. Nell’inverno del 1940 riuscì ad imbarcarsi sulla nave Monviso, ma dovette ancora subire il confino con la famiglia in un campo francese in Marocco. Come molti artisti ebrei Blumenfeld riuscì a rifugiarsi negli Stati Uniti, dove ricominciò subito a lavorare nel settore della moda.
Il periodo che va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta è quello della rivelazione del suo talento fotografico, il momento di una sperimentazione artistica originale e abbondante, perseguita con lo stesso fervore da Parigi a New York. Dopo gli esordi dadaisti, segnati da fotomontaggi politici premonitori della Seconda Guerra Mondiale, Blumenfeld costruisce un corpus di opere lontano dalle angosce belliche. Si ispira ed estende le tecniche adottate in particolare dai fautori della “Nuova Visione”, sia durante le riprese che in laboratorio: solarizzazione, reticolazione, sovrastampa, specchi e giochi ottici, giochi di luce e ombra costituiscono per lui le basi di un lavoro professionale di eccellenza al servizio di un’immagine in cui la bellezza e il nudo femminile occupano un posto centrale. Utilizza il suo genio soprattutto per la fotografia di moda e, a partire dagli anni Quaranta, divenne un pioniere nel campo del colore, una tecnica che favorì nuove sperimentazioni.
La mostra segue il percorso dell’artista attraverso le serie da cui sono nate le sue fotografie più famose e sperimentali, e i legami che ha saputo intrecciare nelle sue immagini con i maestri della pittura antica e dell’arte moderna. A New York, le riviste Harper’s Bazaar e Vogue, in particolare, furono i mezzi di comunicazione più influenti per il suo talento, che si dispiegò in una libera esplorazione di forme e colori, sempre sul tema del ritratto e del nudo femminile. La mostra presenta anche due reportage inediti, su una famiglia gitana di Saintes Maries de la Mer in Camargue e sulle danze degli amerindi di Taos, nel Nuovo Messico. Di grande impatto sono gli scatti da cui emerge il collegamento tra la partecipazione di Blumenfeld al movimento Dada e la sua integrazione nell’avanguardia parigina, la serie de “Il dittatore” e le teste di vitello troveranno posto prima dei ritratti, del lavoro sulla scultura di Maillol e delle sperimentazioni sul corpo femminile che lo hanno reso un fotografo di indiscusso valore mondiale.