“Giacomo Saban era una persona aperta a qualsiasi discussione, ma soprattutto un uomo di cultura con una memoria incredibile”. Così l’avvocato Enzo Ottolenghi, amico di lunga data, ha voluto ricordare l’ex presidente della Comunità Ebraica di Roma Saban, scomparso mercoledì mattina all’età di 96 anni.
Un personaggio di altissimo livello, grande conoscitore della cultura ebraica, in particolare di quella sefardita, e delle lingue, tra cui anche il ladino. Pur non conoscendo inizialmente la comunità di Roma, negli anni si mise con umiltà a studiare ogni sua singola caratteristica, rappresentandola in uno dei momenti più importanti, la visita del Pontefice Giovanni Paolo II al Tempio Maggiore di Roma nel 1986.
Nato a Istanbul il 16 Dicembre 1926, si laureò in matematica e fisica nel 1948 e successivamente in scienze matematiche a Roma. Nel 1971 fu nominato professore della facoltà di scienze dell’Università di Istanbul e dal maggio del 1978 fu detentore della cattedra di geometria, fino a quando non si è trasferito in Italia dove divenne nel 1981 docente di geometria all’Università dell’Aquila e successivamente, diversi anni dopo, ha assunto il ruolo di presidente del Consiglio del Corso di Laurea in matematica alla Sapienza.
Proprio a pochi mesi dall’arrivo nella Capitale, Giacomo Saban conobbe l’avvocato Ottolenghi. “Per un certo periodo, non molto prolungato, sono stato membro del Benè Berith. Proprio lì conobbi per la prima volta Saban, che nessuno prima di allora conosceva” racconta Ottolenghi, che da quel momento in poi sarebbe diventato una delle persone più vicine a Saban.
E fu proprio l’avvocato a convincere nel 1981 Saban ad entrare nel Consiglio della Comunità ebraica di Roma insieme a lui. “In quel periodo il professor Toaff mi sollecitò affinché entrassi a far parte del Consiglio, a mia volta convinsi Saban, perché una persona di questa levatura era molto importante che entrasse” ha aggiunto.
I due condivisero un mandato da consiglieri dal 1981 fino al 1983. Successivamente nel novembre del 1985 Saban divenne presidente della Comunità, fino al marzo 1988. Proprio alla guida della comunità ebraica romana accolse il papa insieme all’allora Rabbino Capo Elio Toaff al Tempio Maggiore.
Proprio in quell’occasione Saban fece un discorso che sarebbe poi diventato storico. Con grandissima eleganza e stile, Saban, appassionato di storia ebraica, fece un excursus della storia della comunità ebraica più antica della Diaspora fino ad arrivare ai rapporti tra la Chiesa e l’ebraismo romano. Con quel discorso seppe ridare alla comunità la dignità dopo anni di segregazione, affermando a testa alta quello che fu invece l’importante ruolo dell’ebraismo romano nella storia della Capitale.
Dopo il suo mandato come presidente della Comunità ebraica, diede un enorme contributo all’interno dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dove ricoprì il ruolo di vicepresidente e successivamente quello di presidente del Consiglio dei Probiviri e poi quello di presidente emerito. Fu anche direttore della Rassegna mensile Israel.
“Pur non essendo un giurista, – ha sottolineato l’avvocato Ottolenghi – i suoi consigli erano sempre molto apprezzati”. Solo recentemente ha lasciato il ruolo di presidente emerito.
“Un uomo di grande saggezza, equilibrio ed onestà intellettuale”. Così il Collegio dei Probiviri ha voluto ricordare Giacomo Saban, uno degli esponenti più illustri della comunità romana e dell’ebraismo italiano.
[GALLERY]
Immagine dall’ Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino” – Archivio Fotografico – Fondo Giacomo Saban