L’operazione
“Rompere l’alba”
Nel primo pomeriggio di venerdì l’aviazione
israeliana ha attaccato obiettivi dell’organizzazione terroristica Jihad
Islamica a Gaza, colpendo questa volta più duro del consueto: più di una
dozzina di terroristi sono stati eliminati nelle prime ondate dell’attacco
israeliano e fra essi il capo militare dell’organizzazione a Gaza, Tayseer
al-Jabari e un altro comandante terrorista di rilievo. L’operazione è stata
realizzata alla conclusione di un periodo crescente di tensione, in seguito a
informazioni sull’imminenza di un attacco missilistico.
L’arresto
La nuova crisi di Gaza è iniziata
la notte del 1 agosto a un centinaio di chilometri a nord della Striscia, nel
campo profughi di Jenin in Samaria. Reparti speciali delle forze armate
israeliane vi hanno arrestato Bassem al-Saadi,
considerato il leader del “Movimento per il
Jihad Islamico in Palestina” e di suo genero, uno dei capi
militari di spicco dell’organizzazione. Bassem al-Saadi era
uno dei leader terroristi più ricercati di questo periodo, essendo fra i
principali ispiratori e organizzatori dell’ondata di attacchi individuali che
ha colpito Israele con grande frequenza negli scorsi mesi. Ha sessantadue anni,
il suo primo arresto risale alla fine degli anni Settanta, quando era solo un
adolescente. Da allora è stato preso sette volte, passando in carcere quindici
anni della sua vita. A quest’ultimo arresto ha opposto resistenza fisica,
riportando ferite non grave. Intanto a Jenin, intorno alla scena della cattura,
si scatenava una violenza di massa contro le forze israeliane, che si sono
asserragliate nella sua casa e hanno poi ottenuto rinforzi di mezzi blindati
per trasferire in carcere il terrorista. Negli scontri è morto un giovane
miliziano palestinista.
Che cos’è la Jihad islamica
L’arresto è molto importante perché la Jihad islamica è il solo
importante movimento terrorista oltre a Hamas che ha agibilità politica a Gaza,
perché si tratta di una formazione direttamente armata e diretta politicamente
e militarmente dall’Iran, che è anche il finanziatore di Hamas. La Jihad
islamica è meno numerosa di Hamas, ma più aggressiva e intraprendente, proprio
perché non deve preoccuparsi della gestione del territorio. Accade abbastanza
spesso che i suoi membri compiano attentati senza preoccuparsi delle
rappresaglie israeliane, che colpiscono soprattutto Hamas, che controlla la
vita della Striscia. Qualche volta questa dinamica ha causato scontri fra le due
organizzazioni, che però si sono sempre conclusi con un accordo.
Le precauzioni israeliane
Data l’importanza della cattura e le minacce immediate provenienti dalla
Jihad Islamica, Israele ha innanzitutto deciso di prendere precauzioni per
evitare rappresaglie dei terroristi, che avrebbero potuto provocare vittime
civili: ha chiuso le strade intorno alla striscia, ha sospeso le corse
ferroviarie, ha posto le comunità ai confini di Gaza in stato di emergenza.
Questa situazione è durata tre giorni, suscitando apprensione e disagi nei
cittadini che vi vivono, ma anche lo scherno dei terroristi, che hanno usato
tutti i mezzi di comunicazione per cercare di presentare le precauzioni
israeliane come vigliaccheria.
La difesa della vita umana
Ma naturalmente lo stato di Israele e le sue forze armate non sono
affatto vili; semplicemente considerano loro dovere difendere i civili dal
terrorismo e non usarli come scudi umani, secondo l’abitudine di Hamas e della
Jihad. In realtà Israele si sforza in tutti i modi di evitare anche di colpire
i palestinesi innocenti, compresi quelli che hanno la sfortuna di vivere a Gaza
sotto il dominio di gruppi efferati e irresponsabili come Hamas e la Jihad. Le
operazioni israeliane individuano sempre obiettivi legittimi, come certamente è
Bassem al-Saadi, e si sforzano di arrestarli o in caso di necessità di
eliminarli, badando nei limiti del possibile a non colpire chi non c’entra.
Questa difesa della vita umana e in primo luogo di quella dei cittadini
israeliani, implica vincoli operativi e disagi anche per chi vi è difeso.
Il seguito
L’allarme israeliano non era generico, non deriva da apprensione senza
ragioni, ma veniva da precise informazioni di intelligence, tanto gravi da
indurre lo stato maggiore dell’esercito a superare le preoccupazioni che desta
ogni operazione a Gaza, che negli anni si è trasformata in un campo trincerato
pieni di trabocchetti e di lanciatori di missili. Ma naturalmente Israele non
può accettare che una parte del suo territorio resti bloccata da queste
minacce, né che da Gaza partano di nuovo micidiali attacchi missilistici contro
le maggiori città del paese. Di qui la decisione dell’attacco che Israele ha
accuratamente limitato a militanti e istallazioni della Jihad Islamica,
escludendo Hamas che questa volta non era coinvolto nelle minacce terrorista. Dall’operazione
“spezzare l’alba” potrebbero seguire dei
nuovi attacchi terroristici, con missili o attraverso i tunnel in cui le
organizzazioni terroristiche investono cifre molto considerevoli. Ma la
speranza è che Hamas colga il messaggio implicito e stia fuori dagli scontri;
in ogni caso certamente l’esercito israeliano è in grado di farvi fronte.