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    Corrado Israel De Benedetti: ricordando un pioniere del Sionismo

    Il due agosto è venuto a mancare Corrado Israel De Benedetti, grande intellettuale e sionista. De Benedetti se n’è andato all’età di 95 anni, nel kibbutz Ruchama, luogo in cui ha passato quasi tutta la sua vita. Era nato a Ferrara nel 1927; appena sedicenne fu tra le decine di uomini che vennero arrestati tra il 14 e il 15 novembre 1943, la notte conosciuta come “l’eccidio del Castello”, la strage in cui undici persone vennero trucidate dai fascisti. Quella stessa notte, De Benedetti venne imprigionato nel carcere di via Piangipane fino al gennaio 1944. Una volta libero visse un periodo in clandestinità fra le campagne romagnole, tentando di nascondersi insieme alla sua famiglia fino alla liberazione. 

    Fu forse proprio questa esperienza che lo spinse a inseguire un sogno: quello di trasferirsi nella Palestina mandataria, abitando e lavorando nel kibbutz Ruchama. “La notizia della scomparsa dall’amico Israel Corrado De Benedetti mi è arrivata proprio mentre mi trovo in Italia per lavoro. Lo conoscevo sin dai primi anni della mia Aliyah, ma ho avuto poi l’occasione di stringere maggiormente il rapporto con lui quando, circa 18 anni fa, gli proposi di presentarsi alle elezioni del Comites Israele – ha raccontato a Shalom Beniamino Lazar, Presidente del Comites Gerusalemme – Cercavo un rappresentante degli italiani residenti nel sud del Paese e allo stesso tempo un rappresentante degli italiani nei kibbutzim. Accettò di buon grado nonostante la sua età. È stato per tutti noi un collaboratore estremamente valido in grado di portare avanti con forza le sue idee e i nostri progetti”

    Sebbene visse e lavorò sempre nel suo kibbutz, De Benedetti tornò spesso a Ferrara, senza mai risparmiarsi dal raccontare la sua tragica esperienza durante gli anni della Seconda guerra mondiale. «Avevo sedici anni il 15 novembre 1943 e ad arrestarmi furono i carabinieri, non i tedeschi». Queste le parole con cui Corrado Israel De Benedetti ricordava la notte dell’eccidio fascista narrata dallo scrittore Giorgio Bassani nel racconto: “Una notte del ’43”, al quale il regista Florestano Vancini si ispirò per il celebre film “La lunga notte del ’43”. Per tutta la vita fu un convinto sionista; scrisse e raccontò ciò che fu il suo passato prima dell’arrivo nello Stato ebraico e la sua esperienza di vita nel kibbutz. Tra i suoi libri si ricordano “Anni di rabbia e di speranze, 1938-1949” e “I sogni non passano in eredità” entrambi pubblicati dalla casa editrice Giuntina.

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