Se si diventa personaggio pubblico, è facile finire nel mirino delle critiche e questo capita a tutti, anche a David Parenzo. Ma l’articolo del Giornale, a firma di Luigi Mascheroni, pone problemi di natura etica, parola ormai desueta, su quello che è diventato il nostro mestiere. Il pezzo in questione sembra uscito da un passato oscuro dove sornionamente si ammicca a toni antisemiti. È pur vero che l’articolo 21 della costituzione garantisce a tutti il poter esprimere la propria opinione, ma esiste anche il reato di diffamazione a mezzo stampa. E, se proprio vogliamo scomodare la nostra carta fondamentale, sui principi fondamentali, perché non citare l’articolo 3, quello in cui sottolinea che tutti i cittadini hanno pari dignità di fronte alla legge senza distinzione di razza, lingua e religione.
Costituzione a parte, ci sarebbe anche il buon gusto di un giornalista che si definisce culturale su Twitter. Sarebbe meglio non usare le parole a sproposito, più che cultura, l’articolo su Parenzo sembra la ricerca ossessiva di gossip infarcita qua e là da stoccate contro l’ebraismo. Non sappiamo se Mascheroni vada a messa, sia laico, sia stato illuminato sulla via di Damasco e francamente non ci interessa granché, come non dovrebbe importare neanche se David Parenzo sia più o meno religioso, rispetti lo Shabbat, faccia o no Kippur, tutti aspetti che nulla hanno a che vedere con il mestiere di giornalista in uno stato laico. A meno che, Mascheroni non voglia ripristinare le prediche coatte dei francescani come nei secoli del Ghetto.
Ma c’è un’altra cosa dell’articolo del Giornale che provoca fastidio e raccapriccio. Ed è quello di entrare nella vita privata delle persone, di scandagliare minuto per minuto le vicende personali, mettendo alla pubblica berlina moglie, figli e famiglie di appartenenza, di andare a spiare abiti, giacche e cravatte di ieri e di oggi, quasi ad evocare “antichi mostri”.
La domanda è chiaramente sempre la stessa: Quando e come si afferma il diritto alla privacy di un personaggio pubblico? Se si parla di moglie e figli, si è già andati oltre. Se la moglie è giornalista o avvocato, in questo caso non conta perché viene tirata in ballo solo per colpire il personaggio in questione. Dal canto suo, David spiega che “possono criticarmi per il mio modo di lavorare, ma tirare in ballo la mia famiglia o la mia identità, il mio ebraismo è disdicevole”.
Ci fermiamo qui perché, a differenza di Mascheroni, non ci interessa analizzare la sua vita privata, né a questo punto leggere i suoi articoli di “cultura” o seguire le lezioni di teoria e tecniche dell’informazione all’Università Cattolica di Milano dove insegna. Ma non si scandalizzi se un giorno qualcuno lo potrebbe ripagare con la stessa moneta.