Chiara Segre insegnante e vice preside delle scuole ebraiche di Torino ha presentato davanti a un folto pubblico di ogni età il suo libro: “Nedelia nello spazio” con le illustrazioni di Alessandra Ochetti. Per usare le parole del rabbino Pierpaolo Punturello, si tratta di “un quadro, un libro di fotografie raccontato con le parole che sono però come colori.”
Nedelia Lolli Tedeschi era la nonna di Chiara, per gran parte della vita è stata una morà, una insegnante a tutto tondo, brillante e coinvolgente capace di raccontare e raccontarsi. Una mamma, nonna e bisnonna, una donna ricca di affetti, che sapeva seguire perfettamente la derech eretz, il termine ebraico che significa letteralmente la via della terra. Ma Nedelia aveva una storia personale che fino ad ora non era stata messa su carta e che, grazie alla nipote, una donna della terza generazione dopo la seconda guerra mondiale e la Shoah, oggi possiamo conoscere e apprezzare. “Voglio raccontarti la mia storia – si legge nel volumetto scritto in prima persona per ridare voce a Nedelia e pensato per i bambini dagli 8 anni – la mia storia è quella di una bambina fortunata, perché ho incontrato delle persone buone che si sono occupare di me con amore, mettendo a rischio la propria vita e non chiedendo nulla.” Molti altri bambini della generazione di Nedelia non sono sopravvissuti ma lei si, e nelle pagine del libro si trovano il coraggio e la generosità di Dalmiro e Verbena Costa, che nascosero Nedelia nella loro casa in montagna con i loro figli, la presentarono ai bambini come insegnante di sci “ma io non avevo mai messo un paio di sci ai piedi. Ai loro occhi ero un’istitutrice un po’ anomala. Con il passare dei giorni si resero conto che c’era qualcosa che non quadrava, ero giovanissima e per nulla arcigna come ci si aspetterebbe da una istitutrice. E così anche loro come i genitori mi accolsero dolcemente e dopo i primi giorni si può dire che ne furono felici.” Nel 1944, quando anche il rifugio dei Costa divenne troppo pericoloso, l’Istituto del Buon Pastore, a quel tempo chiamato Istituto di Correzione, la accolse con semplicità e naturalezza, aveva 14 anni, fu da lì che usci il 25 aprile del 1945 e tornò a vivere.
Il rabbino Roberto Colombo, nella postfazione del libro, racconta come conobbe Nedelia nel 1984 quando arrivò a Torino come rabbino capo. Le sue parole sono rendono mirabilmente il profondo affetto e l’amicizia che Nedelia aveva trasmesso a lui e a molti altri che l’hanno conosciuta:“ Nedelia ti trovi in cielo. Porta a Dio solo una richiesta, possa l’essere umano un giorno ricostruire tutto ciò che è stato capace di rovinare, spesso con un egoismo che gente come te non ha mai conosciuto”.
Giorgio e Marcello Costa con Nedelia e il cane Puck, Sauze d’Oulx 1943