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    L’arte e il diritto

    Le opere d’arte non sono solo testimonianza di un’epoca e di un artista, ma portano con sé anche la storia dei loro proprietari. Nel periodo nazista molte opere e oggetti appartenenti a collezionisti ebrei furono razziate o forzatamente vendute e non è insolito trovarne nei musei o sul mercato. Il processo d’individuazione e di restituzione agli eredi dei legittimi proprietari può essere un percorso molto complesso. Shalom ha incontrato l’avvocato Giuseppe Calabi, socio dello Studio Legale CBM di Milano, che da oltre vent’anni si occupa di diritto dell’arte per approfondire alcuni aspetti.

     

    Nel caso di opere razziate che rapporto c’è tra diritto e storia dell’arte?

     

    Il dialogo è fondamentale, ma non c’è sempre un allineamento perché le conclusioni a cui arrivano i tribunali non sempre coincidono con le risposte che vengono date da uno storico dell’arte. C’è una complessità nella regolamentazione. Questa deriva dal fatto che nel diritto dell’arte le norme che si occupano della circolazione delle opere  variano da Stato a Stato e quelle relative alla protezione del patrimonio culturale sono di applicazione rigorosamente territoriale.

     

    Ci sono dei principi generali però…

     

    Per esempio quelli di Washington del 1998 approvati nel corso della conferenza sull’arte confiscata durante il periodo nazista promossa dagli Stati Uniti, a cui aderirono anche Italia e Francia. Questi principi sono molto chiari nello stabilire che gli Stati devono adoperarsi per restituire agli eredi dei proprietari, al di là di quelle che sono le restrizioni legali, gli oggetti d’arte razziati durante il periodo nazista.

     

    E in Italia?

     

    Se si acquista un bene rubato magari inconsapevolmente, dopo vent’anni se ne diventa proprietari anche se il ricettatore era collegato a qualche episodio di razzia durante il periodo nazista. 

     

    Quindi il tempo può giocare a sfavore della restituzione?

     

    Dipende. Ci sono Paesi come gli Stati Uniti in cui il tempo è neutrale rispetto a ciò che è stato razziato. In realtà le leggi dei Paesi dell’Europa continentale proteggono il commercio, perché non c’è una norma specifica e ci si basa su quella generale che si applica anche ai beni razziati. Mentre nei Paesi del Common law – quelli anglosassoni – è più difficile diventare proprietario di un bene rubato a cui vengono assimilati quelli oggetto di vendite forzate.

    E in Italia ci sono stati casi risolti a favore degli eredi?

     

    Bisogna dire che in Italia ci sono opere in collezioni pubbliche che hanno un’origine sicuramente problematica. C’è stato il caso di un quadro cinquecentesco [Cristo porta croce trascinato da un manigoldo dipinto dal Romanino N.d.R.] che appartenne ai Gentili, una famiglia ebraica di origine italiana. Il quadro fu acquisito dalla Pinacoteca di Brera che lo prestò a un museo americano per una mostra, ma si seppe che la provenienza era irregolare poiché razziato nel 1941 in Francia. Quando il dipinto è arrivato in Florida, gli eredi hanno presentato ricorso e hanno ottenuto la restituzione. Quello fu un caso fortunato per gli eredi del soggetto razziato, ma in generale un’opera di un museo italiano non potrebbe mai essere restituita perché appartiene al demanio culturale dello Stato, il che la rende indisponibile e inalienabile. Anche se lo Stato avesse la buona volontà di restituirlo, la legge non lo permetterebbe. Bisognerebbe modificare la legge.

     

    Parlando invece dei collezionisti. Possono sentirsi tutelati nel momento dell’acquisto in casa d’asta o in gallerie?

     

    Si e no. Le case d’asta internazionali hanno spesso al loro interno dei restitution department molto strutturati perché negli ultimi anni si è sensibili al tema, che è sentito anche dopo ottant’anni dai tragici eventi. Il lavoro che viene fatto è sulla verifica delle opere e sulla provenienza: esistono banche dati più o meno credibili, ma non è detto che un bene che non sia censito lì dentro vada bene. C’è poi il problema della tutela dei dati personali e non è detto che tutte le informazioni circolino con grande fluidità.

     

    La consapevolezza non sempre si traduce in trasparenza…

     

    Ci sono in circolazione delle opere che hanno la macchia di essere state razziate o oggetto di vendita forzata. C’è ancora un grande lavoro da fare.

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