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    Deutsches Heer. L’ombra di Bismarck e il riarmo della Germania

    Tra i fantasmi che l’invasione russa in Ucraina ha risvegliato e resuscitato dalle tombe dove giacevano –dopo due guerre mondiali– se ne intravede uno davvero dimenticato. È un estinto di grande stazza, che si chiamava Deutsches Heer (Esercito Imperiale) al momento della sepoltura nel 1919 con i Trattati di Versailles. Era affiancato da una poderosa Hochseeflotte (Flotta d’alto mare), incubo dell’Ammiragliato britannico. Lo spettro resuscita adesso in qualche modo con il nome di Esercito Federale al 2% del PIL, ovvero Bundeswehr/Luftwaffe e Deutsche Marine da 100 miliardi di euro l’anno. Resurrezione che non si vorrebbe definire inquietante, poiché la nuova Germania, responsabile insieme con la Francia per un condominio europeo su 27 ruote, certamente non organizzerà tedeschi modello blitzkrieg 1940 e non presenterà al mondo un milione di soldati in marcia tra i vigneti della Champagne come accadde nell’agosto 1914. Per tentare previsioni sul futuro esercito tedesco occorre ovviamente dimenticare la Wehrmacht hitleriana e il terrorismo militare che praticò nell’Europa occupata. L’impero germanico era stato invece il capolavoro di due uomini. Guidato fino al 1890 da uno statista di straordinaria intelligenza (Otto von Bismarck, il cancelliere di ferro che non amava la guerra) e da Guglielmo I di Hoenzollern. L’imperatore si dimostrò energico ma riflessivo, e infine anche liberale, durante i 20 anni che seguirono la guerra franco-tedesca del 1870. Otto e Wilhelm trasformarono in grande potenza la vecchia Prussia feudale degli junker. L’imperatore in persona favorì la creazione del primo sistema di welfare in uno Stato modernamente organizzato e tenne a bada le inclinazioni autoritarie di Bismarck. La Germania di quel tempo eliminò di fatto la povertà, portò a 10 ore la giornata lavorativa nelle fabbriche e organizzò l’esercito più efficiente d’Europa. Tecnologicamente all’avanguardia, era da tutti invidiato, e fu infatti capace di mobilitare tre milioni di uomini su due fronti in 15 giorni nell’estate fatale del 1914. Da notare che nella Germania di Bismarck l’antisemitismo si manifestava soltanto come moda tollerata tra pochi intellettuali agli ordini di Richard Wagner, e un Affaire Dreyfus a Berlino sarebbe stato impensabile. Il Corpo di Stato Maggiore era di fatto onnipotente, e gli junker prussiani passando al comando di armate e divisioni portavano con sé i capifamiglia delle rispettive proprietà agrarie. Gli ufficiali esibivano le cicatrici guadagnate alla sciabola nei duelli ritualizzati della Mensur, e la più ferrea disciplina implicava anche la rischiosa visibilità dei colonnelli nei combattimenti in prima linea. Eredità oggi acquisita in tutti gli eserciti. Moltke e Shlieffen furono invece successivamente i testardi sostenitori dei piani operativi programmati per liquidare definitivamente le speranze francesi di riprendere l’Alsazia e la Lorena. Con 650.000 uomini il Kaiser si sarebbe impadronito di Parigi e dell’Ile de France 26 anni prima di Hitler, chiudendo ai primi di ottobre 1914 una campagna di 60 giorni e deviando per sempre chissà come e chissà dove la storia tragica del XX secolo. Ma esattamente come gli ucraini di oggi, il Belgio rifiutò la violazione di frontiere neutrali dal 1839 e resistette al transito delle truppe tedesche che puntavano ad aggirare i francesi marciando in velocità lungo la Manica. Poi il generale Von Kluck, non diversamente dal comando russo a marzo 2022, alterò clamorosamente la manovra prevista e si fermò presso la Marna a 40 km da Parigi, già sgombrata dal governo e dal parlamento, deviando tutti i corpi d’armata verso il fianco sinistro del proprio schieramento. Era il 3 settembre del 1914, passerà alla storia per un errore clamoroso che si studia ancora oggi in tutte le accademie militari. Queste le vicende dell’altro ieri, e certamente non vedremo la tradizione militare tedesca confrontarsi ancora con gli eserciti della Francia e del Regno Unito, peraltro sopravvissuti alle guerre coloniali e alla decolonizzazione imposta a Yalta nel 1945 nel quadro della pax sovietico-americana. Tuttavia l’Europa è capace delle peggiori sorprese, come purtroppo abbiamo appena visto. Appare davvero significativa la volontà tranquillizzante mostrata dal cancelliere Olaf Scholz in un’operazione charming verso Israele nei due incontri con Naftali Bennett, ritenuti prioritari. Si può immaginare lo scarso entusiasmo dei vecchi avversari di due guerre mondiali, sottolineato dal più rigoroso silenzio dei vertici militari. Tuttavia la Prussia degli junker non esiste più, eliminata dalle carte geografiche e passata alla Polonia. Oggi la Bundeswehr è valida solo per operazioni di retrovia nelle missioni internazionali. E niente navi da guerra tedesche nel Mediterraneo, semplicemente perché non bastano neppure per il Baltico e il Mare del Nord. Tuttavia la Germania è terra di gente che prende sul serio gli impegni del presente e del futuro. Fabbrica le armi migliori, anche se preferisce non esibirle. Bisognerà comunque reinventare il soldato tedesco, per non parlare dei generali. Ci vorranno almeno 20 anni. Ma poi?

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