Ah, il profumo dei fiori! Una fragranza naturale che ci riempie l’anima e ha ispirato generazioni di poeti e innamorati; la loro essenza è come un linguaggio che ci ricorda immediatamente la festa di Shavuot (settimane) e l’usanza di addobbare le sinagoghe con migliaia di fiori profumati come simbolo della fioritura improvvisa del Monte Sinai e dello straordinario aroma che si diffuse durante il momento della rivelazione della Torah. Da notare che tra i fiori preferiti portati dagli ebrei in sinagoga prima dell’inizio della festa, le rose erano e sono quelle predilette in quanto è scritto nel Cantico dei Cantici 2,2 “…Come una rosa tra le spine tale la mia amata tra le ragazze”, ciò sta a significare, secondo l’allegoria di molti Maestri, che il popolo d’Israele stesso viene paragonato ad una rosa. Da qui l’associazione nel considerare Shavuot con la definizione di Moed rosa, festività rosa o pasqua rosa. Quando si celebra Shavuot? Esattamente quarantanove giorni dalla celebrazione della festa di Pesach, in quanto si racconta nel Koheleth Rabbà III che: “un re avendo un figlio appena uscito da una malattia si sentì suggerire dal maestro del figlio di mandare il ragazzo subito a scuola. Ma il re decise che il suo bambino non si era ancora rimesso dal malanno e che quindi non poteva tornare all’istituto scolastico”. Spiegano i nostri rabbini che questa storia la si deve leggere come una metafora; Dio pensò che il popolo d’Israele, appena uscito dall’Egitto non era guarito dal duro lavoro fatto sui mattoni e la calcina e avevano bisogno di un periodo di riposo anche per liberarsi dalle impurità che avevano contratto in Egitto, dunque non erano ancora in grado di ricevere la Torah ed i Dieci Comandamenti. Era necessario un lasso di tempo per far riprendere loro le forze ed in quel momento sarebbero stati pronti per ricevere il dono più importante della propria vita. Tale periodo di sette settimane è definito Omer. Questa era una quantità di orzo che veniva offerta ai tempi in cui esisteva il Santuario di Gerusalemme e veniva donata, per la prima volta, il secondo giorno di Pesach, prelevando appunto una quantità di orzo pari ad un omer dal nuovo raccolto. È scritto in Dt. 16,9-10:” Dovrai contarti sette settimane; comincerai il computo delle sette settimane da quando si comincia a mettere la falce nelle messi e quindi farai la festa delle settimane…” È da sottolineare che con le parole “falce nelle messi” si intende che il conteggio aveva inizio dal secondo giorno di Pesach, quando gli ebrei davano inizio alla mietitura dell’orzo ed il calcolo si concludeva con la raccolta del grano e la celebrazione della festa di Shavuot. Dunque, dopo quarantanove giorni, per l’esattezza al cinquantesimo Dio parlò agli uomini riuniti sotto il monte Sinai ed un profumo di fiori riempì la terra, tutto fu silenzio, gli uccelli smisero di cinguettare, ed ogni creatura tacque nel momento che il Signore pronunciò: “Io sono il Signore tuo Dio…” Questo profumo divino lo ricordiamo anno dopo anno con l’arrivo della festa …Tanto che nell’Archivio Storico della Comunità ebraica di Roma nel giornale della “Voce della Comunità Israelitica”, anno 1957 si può leggere un delizioso sonetto in giudaico- romanesco che riguarda l’uso di adornare la Sinagoga con le rose:
Dimme un po’, che s’aspettano le spose?…
Perché ar Tempio ce stanno tante rose?…
Sei’gnorante un ber po’…Non ce lo sai che oggi è Sciavugnodde!…
E’ na festa in onore der Creato quanno che Dio ce dette la” Torà”
A parte questo allegro sonetto che ci ricorda sempre l’allegoria di Israele vista come un fiore, sposa del Signore, Mosè salì sul monte Sinai e ricevette da Dio i Dieci Comandamenti e la Torah (insegnamento) contenente le norme di vita del popolo ebraico e accettati da Israele riunito sotto la montagna. Nel momento della promulgazione, narrano i nostri Maestri, che non vi erano solo ebrei ma anche gente che era andata via dall’Egitto con Israele adunata sotto il Sinai. Vorrei sottolineare che il Decalogo, anche definito “ Aseret Diberot ” ( le dieci parole-comandamenti) divenne il Codice non soltanto per gli ebrei ma per tutta l’umanità. Per questo che l’Eterno scelse come luogo per consegnare la Torah il deserto, terra di tutti e di nessuno, luogo aperto e privo di confini affinché tutti i popoli ascoltassero la Sua voce. Il Sinai è uno dei più piccoli monti di Israele e questa terra è un luogo di passaggio dove nessuno può viverci a lungo e considerarla come sua proprietà. La voce di Dio non si perse nel deserto, ma fu accolta con amore non solo dal popolo ebraico, ma da tutte quelle religioni che adottarono i comandamenti come legislazione di popolo civile. Gli altri insegnamenti contenuti nella Torah e le seicentotredici mitzvot (precetti) fu offerta da Dio al popolo d’Israele in quanto essi avrebbero dovuto distinguersi nella loro vita con un comportamento morale ed etico scandito dagli ammaestramenti divini Comunque la promulgazione dei Dieci Comandamenti e degli insegnamenti del Signore fu il momento definito dai nostri Padri “Zeman Matan Torahtenu”,tempo della donazione della Torah. Vorrei ricordare che per il suo carattere anche agricolo la festa di Shavuot viene conosciuta anche come Hag Ha-Qatsir (festa della mietitura) e Yom Ha Bikkurim, giorno delle primizie in quanto in durante questa ricorrenza era uso per gli ebrei portare in offerta al Tempio di Gerusalemme le primizie appartenenti alle sette specie di prodotti che crescono in Israele: grano, orzo, fichi, uva, datteri, olive, melograno. Inoltre la festa fa parte delle Shalosh Regalim, le tre feste di pellegrinaggio insieme a Pesach ( Pasqua) e Succot ( Capanne) in quanto come è scritto in Shemot 23,14-19: “ Tre volte all’anno ogni tuo maschio comparirà al cospetto del Signore(…) Le nuove primizie della tua terra recherai nel Santuario del Signore Dio tuo”. Dato il carattere anche agricolo della festa, è uso leggere il libro di Ruth, la moabita dalla cui stirpe nascerà la casa del re David e del futuro Messia. Inoltre, è consuetudine durante Shavuot cibarsi di latticini in quanto secondo la tradizione, lo studio della Torah ha il sapore del latte e del miele e il termine Chalav, latte, in ebraico corrisponde al numero quaranta, in ricordo dei quaranta giorni che Mosè si trattenne sul monte Sinai. Allora, Shavuot, festa della donazione della Torah, festa delle primizie, festa della mietitura, Pasqua rosa in realtà non fa che riaffermare sia l’universalismo ebraico che la volontà di mantenere usi e tradizioni che dimostrano la vitalità e la continuità della vita ebraica all’interno della Comunità nella quale viviamo e agiamo ma soprattutto ciò avviene, di generazione in generazione.