Questa parashà inizia con una serie di benedizioni che arriveranno al popolo d’Israele se osserveranno le mitzvòt comandate dall’Eterno. Segue tutta una serie di disgrazie che potranno arrivare a loro se, al contrario, non osserveranno le mitzvòt.
La parashà inizia con queste parole: “Se seguirete i Miei decreti e osserverete le Mie mitzvòt e le praticherete, darò le piogge nella loro stagione, la terra darà il suo prodotto e l’albero del campo la sua frutta. La trebbiatura vi durerà fino alla vendemmia e la vendemmia durerà fino alla semina. Mangerete il vostro pane a sazietà e dimorerete sicuri nella vostra terra” (Vaikrà, 26:3-5).
Per quanto questa benedizione garantisca grande abbondanza, resta il dubbio che forse sia preferibile una misura inferiore di abbondanza per poter avere un po’ di tempo libero.
R. Naftali Tzvi Yehuda Berlin (Belarus, 1816- 1893, Varsavia) nel commento Ha’amèk Davàr (p. 299-300) afferma invece che essere costantemente occupati è una benedizione perché chi si affatica lavorando è più sano di colui che fa vita sedentaria. Inoltre chi vive nell’ozio necessariamente va a cercare di svagarsi al di fuori di casa e della sua terra, al contrario di chi lavora la terra e se ne sta sicuro. La volontà del Santo Benedetto è che gli israeliti risiedano sempre in Eretz Israel e servano il Creatore. Pertanto l’abbondanza di trebbiatura e vendemmia oltre ad essere una benedizione per il raccolto è anche una benedizione per le persone.
Se gli israeliti non osserveranno le mitzvòt saranno invece soggetti a tutta una serie di disgrazie seguite dall’esilio: “Renderò la terra desolata e saranno desolati su di essa i vostri nemici che vi risiederanno. E voi disperderò tra i popoli e sguainerò la spada contro di voi. La vostra terra sarà desolata e le vostre città saranno in rovina” (ibid, 26:32-33).
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) commenta che il fatto che i nemici troveranno la terra desolata è una buona notizia (cfr. Midràsh Sifrà, par. 38). In tutti gli anni del nostro esilio la nostra terra non ha dato soddisfazione ai nostri nemici. Questa è una grande promessa, perché in tutto il mondo non vi è mai stato un paese vasto e fertile, precedentemente abitato, che sia rimasto in rovina come Eretz Israel. E da quando siamo usciti dalla nostra terra essa non ha accolto nessuna nazione e benché tutti cerchino di colonizzarla nessuno ci è riuscito.
Il Nachmanide parlava con cognizione di causa. Nel 1263 fu costretto a partecipare alla presenza del re di Spagna alla “Disputa di Barcellona” con Pablo Cristiani, un ebreo apostata che voleva dimostrare la verità della sua fede. Il Nachmanide ebbe successo nel dibattito tanto che fu lodato dal Re. La sua vittoria nel dibattito lo rese “persona non grata” al clero locale e, per evitare il peggio, nel 1267 il Nachmanide andò ad abitare il Eretz Israel. Egli la trovò desolata e contesa tra Crociati e Musulmani.
R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-Modiin Illit, 2021) in Hearòt ve-He’aròt, p. 140), sulla scia del Nachmanide, scrive che dalla distruzione di Gerusalemme in poi vennero in Eretz Israel romani, arabi, turchi e altri. Nessuno di costoro trovò soddisfazione nel paese all’infuori degli ebrei. E fino a circa cent’anni fa la maggior parte del paese era ancora deserto. Poi vennero ebrei da tutti le parti del mondo e investendo risorse e grandi sforzi fecero del paese quello che vediamo oggi.
“Così l’Eterno consolerà Sion, consolerà tutte le sue rovine; farà il suo deserto come l’Eden, e la sua steppa come un giardino dell’Eterno. Gioia ed allegrezza si troveranno in mezzo a lei, inni di lode e melodia di canti “ (Isaia: 51:3).