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    La resistenza degli ebrei di Roma alle prediche forzate

    Tra il 1577 e il 1847, gli ebrei di Roma, di shabbat pomeriggio, uscivano dal ghetto e si recavano nel vicino oratorio della Trinità dei Pellegrini per ascoltare, loro malgrado, le parole di un predicatore loro dedicato. Lo scopo era, ovviamente, di convincerli a fare “il grande passo”, battezzarsi e cambiare fede. La storia è nota e non c’è turista in giro per il ghetto che non si fermi a guardare incuriosito l’iscrizione bilingue nella Chiesa di San Gregorio della Divina Pietà, a una manciata di metri dal Tempio Maggiore e dall’area storica dell’ex ghetto, che alle prediche forzate fa riferimento pur non avendole mai ospitate. Pagine famose di Attilio Milano (e prima di lui di Abraham Berliner) l’hanno raccontata al grande pubblico sin dagli inizi del secolo scorso e in tempi più recenti sono tornati sul tema studiosi importanti da tanti punti di vista diversi.

     

    Ora torna sulla materia Emily Michelson, con un libro appena pubblicato da Princeton University Press e che sarà presentato giovedì pomeriggio 19 maggio alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea (Palazzo Mattei di Giove, via Michelangelo Caetani 32, alle 17) da Irene Fosi, Germano Maifreda, Marina Caffiero e da chi scrive. Basato su un’indagine a tutto campo negli archivi e nelle biblioteche della città (ma non solo), il volume traccia per la prima volta in maniera complessiva la storia della predicazione forzata e ne cambia il profilo. Le prediche costituivano uno spettacolo per Roma e attraverso Roma, rappresentavano una tappa obbligata per visitatori e pellegrini, erano programmaticamente aperte al pubblico cattolico che accorreva ad osservarle e che, in realtà, era il vero destinatario dell’operazione propagandistica. Questo spettacolo continuo e ripetuto nel tempo fu, infatti, vitale per lo sviluppo e la riconfigurazione del cattolicesimo militante della prima età moderna, che doveva rispondere e ritrovarsi dopo la frattura tragica (e irrisolvibile) della Riforma protestante.

     

    Le prediche stavano là a dire che qualcosa si faceva per portare nuovi cristiani alla vera fede e in questo senso parlavano alla città, agli stranieri in visita, ad altri potenziali neofiti (magari protestanti) e contribuivano platealmente all’edificazione della città sancta ideale, ma così lontana da quella reale. Modi, testi e stili della predicazione erano spesso provocatori, al limite della violenza verbale e nella città vera, quella che si poteva toccare con mano, gli ebrei resistevano in mille modi, rispondendo con ogni mezzo legale, intellettuale e di buon senso a disposizione: dai tappi nelle orecchie, all’addormentamento momentaneo e funzionale e al rumoreggiamento continuo (e punito) fino alle proteste formali quando il tono, i contenuti e le parole superavano il confine dell’accettabile. Una storia di resistenza consapevole che merita di essere letta e conosciuta e da cui ripartire per gli studi sul ghetto: perché la conversione, che era la scelta facile, a disposizione di tutti, caldeggiata con forza dalle istituzioni romane, alla fine, fu la strada di pochi e la maggioranza degli ebrei decise coscientemente di restare tale.

     

    Emily Michelson, Catholic Spectacle and Rome’s Jews. Early Modern Conversion and Resistance (Princeton, Princeton University Press 2022)

    https://press.princeton.edu/books/hardcover/9780691211336/catholic-spectacle-and-romes-jews


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