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    L’ARTE DI KUBRICK AD “EBRAICA – FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CULTURA”

    È in corso “Ebraica – Festival internazionale di cultura”. Quest’anno le organizzatrici del Festival, con particolare acume e sensibilità, hanno deciso di rivolgere una particolare attenzione al regista Stanley Kubrick (1928/1999), il cui ultimo film è stato “Eyes wide shut”, tratto dal romanzo “Doppio Sogno” di Arthur Schnitzler. Scrivo queste righe a mo’ di fuor d’opera (ovvero, un hors d’oeuvre fatto di parole) a questo bel Festival, per ricordare al lettore questo triangolo avvolto nel tempo e nello spazio, dove troviamo tre ebrei talentuosissimi: Stanley Kubrick, Arthur Schnitzler e Sigmund Freud. Il regista aveva antenati austriaci e, in qualche modo, possiamo dire che “tout se tient”. Freud, aggiungiamo, aveva scritto a Schnitzler ammettendo la sua riluttanza ad incontrarlo per paura di vedere il proprio doppio (Billa Zanuso, The young Freud, 1986, p. 48 ss., traduzione inglese dell’originale italiano “La nascita della psicanalisi: Freud nella cultura della Vienna fine secolo”, Bompiani, 1982).

    La cornice è fondamentale per capire i personaggi del quadro e certamente servirebbero non quattro righe bensì intere e ponderose monografie per descriverla, le quali monografie abbondano, dato che l’argomento ha una tale visibilità che già nell’Ottocento lo si vedeva ad occhio nudo. Perché nella Vienna fra Ottocento e Novecento vi fu un’esplosione di talento ebraico, che divenne oggetto di preoccupazioni, fra gli altri, del Barone Hirsch, un finanziere filantropo ebreo, che arrivò a dire a Theodor Herzl che gli ebrei non dovevano aspirare ad arrivare in alto, perché avrebbero provocato l’antisemitismo. È in qualche modo significativo che nel 1938 su 2541 avvocati viennesi, 1843 fossero ebrei.

    Sarebbe interessante stilare qui l’elenco degli ebrei viennesi più famosi, se  soltanto fosse compatibile con questi appunti. Adolf Hitler, in Mein Kampf, racconta come fu traumatizzato dalla scoperta degli ebrei che, a suo dire, controllavano Vienna. Il verbo “controllare” gli sopravvive, perché soltanto una visione cospirativa può celare comodamente i meriti professionali ed intellettuali. Come se scrivessimo che Dante Alighieri e William Shakespeare controllavano la letteratura, mentre Aristotele, Socrate e Platone avevano controllato la filosofia.  Il linguaggio – in questi giorni lo vediamo benissimo – assolve ad un’utile funzione consolatoria.

    Tutto questo in quanto, come si accennava, non possiamo riferirci ad Eyes Wide Shut di Kubrick prescindendo dalla sua trama (Doppio Sogno, di Schnitzler) e, segnatamente, senza avvederci del profondo legame del mentovato scrittore con Sigmund Freud, il quale ebbe anche ad occuparsi professionalmente delle protuberanze ossee procurate a Gustav Mahler dall’incantevole consorte Alma.

    Un festival, diremmo, anche del sogno e dell’inconscio. Tanto basterebbe per accendere le polveri della passione attorno a questo crogiuolo di geni, ma questa è un’altra storia: per ora godiamoci questo bel Festival. Volendo, potremmo pure assistervi accompagnandoci ad un’altra creazione ebraica, il cui autore era un ebreo viennese chiamato Franz Sacher, il quale la creò a richiesta del cancelliere Von Metternich, che gli chiese di preparare un dolce speciale. Cinema e dolci? Ebbene, Sir Alfred Hitchcock sosteneva che i suo i film non erano una tranche de vie, ma una piece of cake. Chi oserebbe dargli torto?  

    Avete capito questi miei appunti? Spero proprio di no; come ebbe a dire Kubrick di 2001: Odissea nello spazio: “se l’avrete capita già dalla prima volta, vorrà dire che abbiamo mancato l’obiettivo”.

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