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    O di Orfismo

    È il 1913 una donna entra in un locale da ballo con un abito che ha realizzato lei stessa, un gesto semplice destinato a cambiare il modo di legare arte e moda. Quella donna era la pittrice Sonia Terk, nata in realtà Sarah Stern in una famiglia ebraica di Odessa nel 1885; Terk era il cognome di uno zio che si era offerto di prenderla con sé da bambina per sottrarla dalla situazione poco abbiente in cui stava crescendo. In realtà, il pubblico l’avrebbe conosciuta con il cognome del marito Robert Delaunay con cui aveva da poco intrapreso un percorso di arte e vita. Nomi diversi come una figura geometrica scomposta, come quelle realizzava su grafiche, arazzi e oggetti. 

     

    La sua idea di “arte totale” l’aveva desunta dall’Orfismo, una corrente che prendeva il nome da Orfeo, cantore della mitologia greca, e l’aveva applicata al cubismo che in quegli anni avevano messo a punto Pablo Picasso e George Braque. Partendo da quella scomposizione di piani era arrivata, insieme Robert, a creare uno stile proprio fatto di variazioni di luci e colori. 

     

    Nel 1923 Sonia Delaunay aprì l’Atelier Simultanèe, un laboratorio in cui sperimentare e applicare le sue creazioni che ormai avevano superato i confini parigini. Infatti, nei grandi magazzini di Londra e Amsterdam si poteva acquistare un piccolo pezzo di rivoluzione. Quell’intreccio di forme geometriche non era solo la trasposizione di pittura astratta su un tessuto, ma il gesto di un’artista che liberava le donne da forme e convenzioni prestabilite.

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