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    «Perché la guerra?» Come spiegare i conflitti ai bambini

    Guerre, attacchi terroristici, attentati, genocidi, catastrofi naturali, pandemie: questa è solo una piccola lista delle difficoltà che l’umanità̀ si è trovata ad affrontare nell’ultimo secolo. Questi avvenimenti hanno visto l’essere umano nella veste di vittima, di carnefice, ma anche di semplice spettatore. Si tratta di tragedie che si cerca di spiegare con motivazioni di volta in volta politiche, sociali, religiose, culturali, scientifiche, ecologiche che però lasciano un’inquietante sensazione di impotenza. Con la guerra tra Russia e Ucraina ci si ritrova, ancora una volta, innanzi a queste difficoltà: irruzioni improvvise ed impreviste del reale, che lasciano un segno nelle vite di chi le subisce ma anche di chi le osserva senza poter intervenire. Proprio i bambini, confrontandosi con questo reale a cui non sanno dare spiegazione, si trovano spesso spiazzati, in alcuni casi possono anche riaffiorare ricordi, o quel che è passato attraverso i non detti, che hanno a che fare con la guerra, le persecuzioni o l’immigrazione, che traspaiono nel vissuto familiare.

    I grandi pensatori del passato ovviamente già si sono interrogati su queste grandi questioni. In particolare Einstein, nel 1931, fu convocato dall’Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale della Società delle Nazioni per affrontare anche questo tema. Lì, dato il periodo storico, colse l’occasione per porre alcune domande a Freud, tra le quali: «Perché la guerra?». Einstein si era reso conto che il pensiero scientifico non gli era di aiuto per trovare la risposta e interrogò Freud come esperto della psicoanalisi per esplorare i confini della mente umana e suggerire percorsi educativi che avrebbero potuto affrontare e poi aiutare a superare questi ostacoli. Da questo interrogativo è nato un interessante carteggio tra i due, in cui Freud tenta di trattare la questione attraverso le nozioni cardine della psicoanalisi, come le pulsioni. Più avanti infatti – a partire dalle testimonianze dei soldati tornati dalla Grande Guerra –  parlerà di pulsione di vita e di morte, e di ciò che va al di là del principio di piacere.

    Questi interrogativi si pongono ciclicamente, ancora di più in situazioni come quella attuale in cui le immagini della guerra circolano liberamente senza la minima censura. E allora come comportarsi con i bambini? Inevitabilmente sono esposti anche loro alle immagini che i tg, i giornali e i social ci propongono in continuazione, ascoltano i discorsi degli adulti, la radio in macchina, sono attivi sui social – o sbirciano dagli smartphone dei genitori – , ed è quasi impossibile tenerli all’oscuro della difficile situazione internazionale. Impossibile e, ancora di più, sconsigliato. Ma come spiegare ai bambini quello che sta succedendo nella guerra tra Russia e Ucraina senza generare in loro angosce e preoccupazioni?

    1          Prima di tutto è importante capire se i bambini sono incuriositi da questo argomento, se hanno voglia di parlarne o se già hanno sentito qualcosa a riguardo, bisogna quindi rispettare il loro desiderio di sapere

    2          Dire la verità con una modalità e delle parole adatte all’ età di ciascuno di loro. Non usare una terminologia troppo specifica e non esporli a immagini cruente, ma è preferibile utilizzare le parole più che le immagini, perché le prime aiutano i bimbi a simbolizzare. 

    3          Ascoltare quello che i bimbi hanno da dire, le loro angosce, paure e curiosità. Lasciare spazio alle loro domande. Parlare per non subire passivamente la guerra. E, come nelle fiabe che terminano sempre con un lieto fine, rassicurarli che si sta lavorando per far cessare questa situazione. 

    4          Se lo desiderano, possono trovare il loro modo di aiutare le popolazioni in difficoltà, con delle lettere ai loro coetanei, dei disegni o donando giochi o vestiti.

    5          Ciò che è fondamentale è non esporli forzatamente a immagini o situazioni che non si sentono pronti ad affrontare. La cultura della pace si può coltivare ogni giorno attraverso piccoli gesti e parole, non solamente nei momenti di emergenza.

    Susanna Ascarelli è psicologa e psicoterapeuta.  Autrice del libro “Ciao ciao esserino con la corona” ( Gallucci) per spiegare la pandemia ai bambini.

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