Anche se la distanza temporale dagli eventi tende a sfocarli, c’è l’obbligo morale di fare i conti con la propria storia. Il caso emblematico dell’eccidio delle Fosse Ardeatine è il paradigma novecentesco con cui fare certi conti, come vedremo ancora aperti: 76 anni dopo molto resta da dire, e da fare. Il mio personale “preambolo” è questo: la Costituzione italiana affonda le sue radici, anche, nelle Fosse Ardeatine. Sulle 335 tombe aleggia lo spirito della Costituzione:
Articolo 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Articolo 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Una pubblicazione come questa è un’ottima occasione per fare il punto sullo stato dell’arte. Come diceva Primo Levi: è guerra sempre. Guerra anche di carte bollate. A pochi mesi dalla mia nomina a Senatrice a vita, da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ho voluto organizzare un convegno dal titolo: “Stragi e deportazioni nazifasciste: per la giustizia e contro l’ambiguità”. L’argomento è di tale attualità che per la prima volta in 75 anni, nel nostro Paese, presso la Corte d’Appello di Firenze, il primo febbraio u.s. gli eredi delle vittime delle stragi hanno preso la parola all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Piero Calamandrei nel 1946 rifletteva sul processo di Norimberga: «L’essenziale, è che la violazione delle leggi dell’umanità abbia cominciato a trovare un tribunale e una sanzione. Quel che conta è il “precedente”, che domani varrà come legge per tutti, per i vinti e per i vincitori; che si rivolgerà, occorrendo, contro gli stessi giudici di oggi».
Alle Fosse Ardeatine 76 ebrei, innocenti, vengono uccisi in quanto ebrei, e rappresentano un caso “esemplare” di crimini contro l’umanità (i quali, giova ricordarlo, per il diritto internazionale non possono cadere in prescrizione). Può essere utile ricordare in queste pagine che con un processo tardivo, dopo 50 anni di latitanza in Argentina, Erich Priebke è estradato in Italia per essere processato, nel 1996, presso il Tribunale Militare di Roma. L’8 marzo 1998, Priebke viene condannato all’ergastolo, (che sconterà agli arresti domiciliari a causa dell’età). Tale condanna viene motivata con l’eccedenza dei 5 martiri in più rispetto alla contabilità della morte che indicava 10 italiani per ogni tedesco ucciso in Via Rasella. Non è questa la sede per sviscerare le tecnicalità collegate all’istituto della rappresaglia mentre mi ricavo ancora due righe di spazio da dedicare alla ricostruzione memoriale. La memorialistica in Italia è precoce, nasce con una ambizione storiografica molto forte seguita dalla diffusione della letteratura memorialistica. Nell’immediato dopoguerra si cercò di “Ricomporre l’infranto”. Dalla storiografia, utilissima, si passa all’aspetto giudiziario. La ricostruzione memoriale ha delle esigenze che non corrispondono alle necessità giuridiche. Il paradigma punitivo ha prevalso su quello memoriale. Nel caso specifico dell’eccidio, gli aspetti penali dei due principali attori del massacro, i tedeschi Kappler ed il suo sodale Priebke, cessano di produrre effetti con la morte dei due nazisti; una sorta di “vittoria mutilata” (mancata esecutività della pena). I processi per i crimini di guerra, sia penali che civili, sono un tassello importante nella tutela dei diritti fondamentali. Questa forma di tutela nella cultura occidentale è diventato un dogma. Forse non tutto è perduto. All’orizzonte si sta schiudendo una nuova stagione come sopra dimostrato dalla Corte d’appello di Firenze. Una nuova storia è appena cominciata?
*Prefazione del libro “Le Fosse Ardeatine. Dodici storie”. Autori: Liliana Segre, Silvia Haia Antonucci, Martino Contu, Georges de Canino, Sira Fatucci, Rina Menasci, Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Procaccia, Marta Ravenna Lattes. Gangemi Editore, 2020. Pag. 144