Si è conclusa la VIII edizione del “Premio Settimia Spizzichino” nella splendida cornice di Testaccio presso il Teatro Antigone che, fin dal primo anno, ospita questa manifestazione culturale. Attraverso l’arte della recitazione, infatti, è stata creata una gara nel ricordo della Shoah con 6 monologhi interessanti e molto diversi tra loro: tutto questo silenzio, l’angelo del focolare, il canto della cicala, Greta Hoffmann, una giornata buona e 27 gennaio 1980.
Novità di quest’anno è il Premio Carla Di Veroli, realizzato in memoria della nipote di Settimia venuta a mancare prematuramente nell’agosto 2021. Un premio vinto da “Greta Hoffman” di Giancarlo Moretti con Patrizia Bellucci, che conquista anche il riconoscimento come migliore regia e migliore attrice. La targa è stata consegnata alla vincitrice da Jonathan Limentani, figlio di Carla.
Il Premio come Miglior Monologo “Settimia Spizzichino” è andato a “Il Canto della Cicala” di Elena Pelliccioni con Alessio Braconi che, inoltre, ha vinto il Premio come miglior attore e miglior testo. La targa è stata consegnata da Lior Spizzichino, la pronipote più piccola di Settimia.
Una serata intrisa di emozioni nel ricordo di Settimia e di Carla, ma soprattutto nel raccontare la deportazione attraverso un’arte che permette di arrivare immediatamente nel cuore del pubblico che empatizza con gli attori. Presenti in sala molti ospiti speciali per la giuria storica tra cui Sira Fatucci, Responsabile Memoria della Shoah per l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Elio Limentani, Storico e studioso della Shoah, i familiari di Settimia Spizzichino e, infine, una giuria tecnica composta da attori.
Per l’occasione abbiamo intervistato Elena Pelliccioni per saperne di più sul monologo vincitore da lei scritto e diretto.
Come descriveresti il tuo monologo per chi non è potuto essere presente all’evento?
Questo monologo è stato pensato per poter essere comprensibile anche per i più piccoli. Ha un linguaggio semplice, lineare e in molti casi si potrebbe dire “infantile”, nel senso buono del termine ovviamente. Racconta la fragile storia di un’amicizia destinata purtroppo ad essere stroncata troppo in fretta, raccontata però dal punto di vista di un esserino che nessuno noterebbe mai, lì in disparte ad osservare. È un messaggio di speranza. Speranza negli uomini, speranza che nessuno debba più provare tale dolore.
Come mai hai deciso di rendere protagonista proprio una cicala?
Come dicevo prima, volevo rendere protagonista la voce di qualcuno che normalmente non verrebbe considerato, e chi può rendere meglio l’idea di un insetto? La cicala è stata scelta anche per la durata della sua vita, non così lunga e quindi per avvicinarla e creare questo legame di complicità con il bimbo di cui si parla, Noah. Legame che si andrà a creare proprio per la vicinanza dei loro due tristi destini.
Nel tuo monologo entri in punta di piedi nel dolore della deportazione, a che cosa è dovuta questa scelta?
È sicuramente un tema non facile da trattare. Come ho avuto modo di spiegare anche in teatro, è difficile parlare di un qualcosa di così delicato senza avere il timore di poter ferire o offendere qualcuno. Purtroppo, non mi è mai stato possibile poter incontrare testimoni o sopravvissuti per poter condividere un momento, al contrario dell’attore che ha interpretato il monologo, Alessio Braconi, che ha avuto l’onore di incontrare Sami Modiano. Per lui è stato molto importante e speciale poter interpretare questo monologo, specialmente per una promessa fatta a Sami: continuare a ricordare, non dimenticare. Nonostante io invece non ne abbia avuto modo, ho voluto provare a trasmettere un messaggio che, a quanto pare ed è un grande onore per me, è arrivato a chi ha potuto assistere. È forse l’esperienza che più mi ha toccato, a contatto con la famiglia Spizzichino e in ricordo di Carla Di Veroli. Poter avere avuto uno spazio, una voce per poter parlare e accarezzare questo tema è stato davvero unico e importante.
Quando ti sei avvicinata al mondo del teatro?
Al mondo del teatro mi sono avvicinata quando ero alle medie. È stato un modo per me per superare la mia timidezza, ero molto più chiusa prima. Poi nel 2014 sono entrata a far parte di una compagnia amatoriale nel quartiere di Torpignattara, i Torpignattori per l’appunto, e ancora oggi ne faccio parte. È anche grazie al loro sostegno che ho trovato il coraggio di buttarmi e tentare di scrivere qualcosa di mio, e ad oggi questo è il terzo monologo che vedo realizzato, sempre grazie al mio grande amico ed attore Alessio. Sinceramente scrivere mi è sempre piaciuto tanto, è sempre stata una valvola di sfogo per me, ma recentemente ho unito la passione per la scrittura e il teatro e credo di star andando nella direzione giusta.
Sei giovanissima e hai vinto un riconoscimento così importante: hai progetti per il futuro?
È stato davvero un grandissimo onore poterlo ricevere, incredibile. Non ho parole per descrivere l’emozione. Progetti per il futuro… Sicuramente continuare a seguire le mie due passioni più grandi, il teatro, sia come attrice che come scrittrice, e la scrittura stessa. Oltre a questo, come obiettivo lavorativo ho sempre detto che mi piacerebbe tanto poter lavorare con il teatro ma a contatto con i bambini, che hanno davvero tanto da offrire e forse sono loro la vera voce della speranza. Come dico sempre, saper guardare il mondo con gli occhi di un bambino è un dono.