Dopo più di vent’anni, oramai, dalla prima celebrazione del Giorno della Memoria, ci si interroga nuovamente sul senso della giornata, sull’impatto che questa ha avuto sulla coscienza, sulla consapevolezza, sul sapere dei singoli ed in generale sulla società. Nel corso degli anni questa giornata ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, un momento di riflessione e di conoscenza della storia, delle persecuzioni nazifasciste, e della Shoah, che punta ad agire su un doppio binario: “la trasmissione della memoria da un lato e lo studio sistematico della storia dall’altro” come spiega la Senatrice a vita Liliana Segre, che abbiamo intervistato.
Sono passati 21 anni dalla legge del 2000 sull’istituzione del giorno della Memoria. Guardando a questo tempo trascorso, quale è il suo bilancio dell’impatto, degli effetti, che ha avuto la celebrazione del giorno della Memoria sulla società italiana?
Grazie, la domanda è puntuale. L’anno scorso, in occasione dei “primi 20” abbiamo organizzato all’Archivio del Quirinale una riflessione corale, intitolata Stati Generali della Memoria. Un“HealthCheck”, lo stato di salute della norma. Quel provvedimento, una vera e propria Legge di Servizio, continua ad interrogare le coscienze.
C’è un prima ed un dopo. Molto è stato fatto, moltissimo resta da fare. Il 27 gennaio ha un ruolo consolidato nel nostro calendario civile ma non basta. La memoria si annacqua. Il tempo non sempre è galantuomo.
Concordo con Furio Colombo, padre della Legge, quando mette i puntini sulle “i”: Vittorio Emanuele III fu l’unico re a firmare leggi razziali contro i suoi cittadini. Nessuno tra i sovrani dei vari Paesi europei occupati lo fece. La Shoah fu un delitto compiuto da italiani contro italiani e non potevamo fingere fosse stato una disgrazia. Tutti sapevano che certe cose erano accadute: la mia legge voleva dire agli italiani che il nostro Paese è stato complice.
Intorno alla data del 27 gennaio c’è consenso, alle nuove sentinelle della memoria tocca il compito di rinnovarne il senso. Quel senso della storia che contribuisce a mantenere in buona salute la democrazia.
Che impatto ha avuto sui giovani, ai quali lei ha dedicato gran parte della sua attività come testimone?
I giovani sono la risposta. Sono il frutto maturo di tutti i nostri sforzi, a loro abbiamo consegnato il testimone con atti non solo simbolici. Ho detto, spesso, sperando di essere smentita, che tutto potrebbe finire in una riga sui libri di storia, sei milioni di morti, invano. Lo studio della storia potrebbe fare la differenza. Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz e a Buchenwald ha sempre sostenuto che i testimoni dell’orrore “hanno da dire più di tutti gli storici messi insieme” perché “solo coloro che vi passarono sanno cosa fu; gli altri non lo sapranno mai”. Sottoscrivo e rilancio. Per far combaciare le tessere del mosaico occorre agire sul doppio binario: la trasmissione della memoria da un lato e lo studio sistematico della storia dall’altro.
Lei presiede la Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. La Commissione rappresenta un caso unico in Europa. Quali sono gli strumenti che deve offrire la politica alla società per contrastare i fenomeni di odio e antisemitismo?
Per avere una idea chiara del lavoro che stiamo svolgendo in Commissione, il mio consiglio, è quello di leggere il testo della mozione istitutiva. Lì dentro ci sono le istruzioni per l’uso. La politica può fare moltissimo. Prendiamo le mosse dall’Hate Speech, la spirale d’odio planetaria che attraverso le piattaforme sta penetrando le nostre vite, il nostro agire quotidiano. Il fenomeno è globale come gli strumenti che lo amplificano. Tutti gli Stati democratici si stanno interrogando sulle misure da adottare. La nostra “Politica” con un pizzico di lungimiranza ha appoggiato l’idea di creare una Commissione di studio del macro fenomeno. I lavori sono in corso. Abbiamo scelto la via delle audizioni, ad ampio spettro. Siamo nella fase dell’ascolto. Fra un anno presenteremo una relazione al Parlamento. Torneremo dunque sull’argomento.