Skip to main content

Ultimo numero Settembre – Ottobre 2024

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    Alcune Chanukkiot nell’arte contemporanea

    Non sono molte le opere di arte contemporanea dedicate a temi di vita ebraica in cui è possibile ritrovare riferimenti alla festa di Chanukkà e alla Chanukkià, il candelabro a nove bracci simbolo di questa celebrazione. Molto più fortunata è la ricerca se si guarda alle arti applicate dove diversi artisti, designer e architetti si sono cimentati nella creazione di questi oggetti. 

    Tra i primi a portare Chanukkà nella pittura moderna ci fu Moritz Daniel Oppenheim (1800-1882) uno dei pochi artisti ebrei che si affacciarono, dopo l’emancipazione, nel panorama artistico dell’Ottocento inserendo nelle sue tele scene di vita religiosa. Con il suo consueto uso della scala di grigi dipinse nel 1880 “L’accensione della Channukkià” (Gerusalemme, Israel Museum), che restituisce una scena familiare in un interno borghese dove, tra adulti che giocano a scacchi e a carte, diversi bambini accendono alcune Chanukkiot alla finestra.

     

    Altri esempi arrivano invece da due artisti nati a distanza di pochi anni nello sthetl di Kaunas in Lituania: Antonietta Raphaël (1895-1975) e Ben Shahn (1898-1969), che portarono la loro arte rispettivamente in Italia e negli Sati Uniti. La Raphaël custodiva tra gli oggetti più cari un’antica Chanukkià di famiglia che condusse con sé nei diversi spostamenti in giro per l’Europa e poi a Roma. Questo oggetto si ritrova in opere come “Mia madre benedice le candele” (1932), un dipinto ora in mostra nell’antologica in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, che riporta l’accensione dei lumi a una sfera intima e femminile in un’assonanza con quelli dello Shabbat. 

    Nelle rappresentazioni grafiche di Shahn si trova, invece, la sovrapposizione tra la Menorah e Chanukkià, intese come simboli di luce, in una serie di illustrazioni realizzate tra il 1961 e il 1966. In un incastro tra immagini e speciali caratteri tipografici, Shahn disegna una Menorah quasi in movimento – scomposta geometricamente in elementi bianchi e azzurri e inserti in foglia d’oro – accompagnata talvolta da testi di canti tipici di Chanukkà in ebraico e inglese; in “We Kindle These Lights (Hannukah)” (1961, New York, Jewish Museum) si trova infatti “Anerot Allalu”, mentre in “Menorah” (1965, Musei Vaticani) una strofa di “Ma’oz Tzur”.

    Anche in molte case ebraiche si può ritrovare un pezzo di design inaspettato. Si tratta di una delle più comuni confezioni di candele in commercio per gli otto giorni di festa: l’immagine è uno dei prodotti commerciali realizzati all’accademia di belle arti Bezalel di Gerusalemme sotto la guida dell’artista Ze’ev Raban. Raban, nato in polonia nel 1890, si trasferì negli anni Dieci a Gerusalemme diventando fin dal 1914 una delle figure di riferimento dell’accademia, contribuendo alla creazione di uno stile che metteva insieme sionismo e temi biblici in un connubio tra arti applicate e grafica. 

     

    In Italia un caso unico è la collezione di questi oggetti al Museo dei Lumi di Casale Monferrato. Dal 1994 sono stati raccolti circa 250 pezzi, opera di artisti italiani e internazionali che hanno declinato nel loro stile questi oggetti: si va dalla scomposizione di un violino operata da Fernandez Arman all’incastro di forme di Lucio Del Pezzo, passando per la struttura totemica in ceramica di Mimmo Paladino.

    Tra le Chanukkiot contemporanee va sicuramente menzionata quella dell’architetto Richard Meier ideata nel 1985 per l’Israel Museum, diventata nel 2010 un’edizione limitata per il Jewish Museum di New York. Per Meier il riscatto e la speranza di Chanukkà sono ancora più forti se si ha consapevolezza dei momenti difficili affrontati dal popolo ebraico. È così che ogni portacandela evoca un’architettura legata a momenti drammatici: l’espulsione dall’Egitto, la diaspora dopo la conquista romana, la cacciata da Francia, Inghilterra e Spagna. Le ultime tre sono connesse a vicende della storia più recente come l’emancipazione a Vienna nel 1890, i pogrom in Russia e i campi di sterminio. Un’immagine potente, e per certi aspetti drammatica, che ricorda come il messaggio di rinascita di questa festa sia sempre attuale.

    CONDIVIDI SU: