La parashà si apre con il racconto delle peregrinazioni del patriarca Avraham: “L’Eterno disse ad Avram: Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado, e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò. Farò di te una grande nazione, ti benedirò, renderò grande il tuo nome e sarai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno, e maledirò coloro che ti malediranno; e tutte le nazioni della terra saranno benedette in te” (Bereshìt, 12: 1-3).
Avraham e Sarà abbandonarono la casa natale per iniziare una nuova vita nella Terra di Canaan. Avraham aveva settantacinque anni e Sara, sessantacinque. Le cose però non andarono come sperato e poco dopo, per via di una carestia, Avraham fu costretto a spostarsi in Egitto.
Rashì (Troyes, 1040-1105) spiega: la carestia era solo a Canaan e venne per mettere Avraham alla prova, per vedere se avesse avuto dubbi sulla promessa del Santo Benedetto che gli aveva detto di andare nella Terra di Canaan ed ora lo forzava ad abbandonarla.
R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993), in Mesoras Harav (p.79) commenta che l’Eterno voleva vedere come Avraham si sarebbe comportato incontrando la cultura e la civiltà dell’Egitto. Si sarebbe arreso alla società egiziana, ai suoi ideali, alla sua filosofia, al suo modo di vedere? Oppure avrebbe resistito e mantenuto la sua fede? Avraham doveva andare in Egitto per conoscerne la realtà. L’Egitto era affascinante e attraente. Una prova simile la ebbero anche Ya’akòv a Charàn, e Yosef in Egitto. Tutto questo avvenne allo scopo di mostrare che un ebreo può vivere in esilio e con tutto ciò mantenere la propria identità spirituale. R. Soloveichik aggiunge che la Torà descrive il modo in cui Iddio mise alla prova i patriarchi perché queste prove sono caratteristiche del destino dei loro discendenti.
Quest’ultimo motivo è derivato dagli scritti del Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco), che nel suo commento alla Torà (ibid., 12:6) scrive che tutto quello che capitò ai patriarchi è un segno per i loro discendenti. È questo è il motivo per cui la Torà si dilunga nei dettagli dei loro viaggi e delle loro azioni. Tutti questi dettagli non sono superflui ma vengono a insegnarci quello che sarebbe avvenuto nel futuro al popolo d’Israele.
Riguardo al viaggio in Egitto la Torà racconta che: “Quando egli fu vicino ad arrivare in Egitto, [Avram] disse a Sarai sua moglie: so che tu sei donna di bell’aspetto. Quando gli Egiziani ti vedranno, diranno: Costei è sua moglie; mi uccideranno e ti lasceranno in vita. Dì dunque che sei mia sorella; affinché grazie a te mi sia fatto del bene e la mia vita sia salva (ibid., 11-13)”.
Sul fatto che Avraham disse a Sarà che era una donna di bell’aspetto, Rashì cita un Midràsh nel quale i Maestri affermano che finora, per via della loro modestia, Avraham non aveva fatto caso alla bellezza della moglie. In effetti si può dire di più sulla matriarca Sarà. Ella fu il partner di Avraham in tutte le sue azioni: i Maestri insegnano (Midràsh Rabbà, 39:14) che mentre Avraham convertiva gli uomini al monoteismo, Sarà lo faceva con le donne; e che la forza profetica di Sarà era superiore a quella dello stesso Avraham (Rashì, 21:12). Sarà era molto di più di una donna di bell’aspetto. Arrivando in Egitto, la Torà racconta che “Gli Egiziani notarono che la donna era molto bella. E i notabili del Faraone, avendola vista ne fecero l’elogio al Faraone” (ibid, 14-15).
R. Soloveitchik fa notare che quando l’Eterno parla ad Avraham di Sarà, la chiama sempre per nome. Qui invece per gli egiziani ella è una donna anonima. Dal momento in cui entrarono in Egitto la personalità spirituale di Sarà non contava più nulla: per loro era sono una donna attraente!