Amos Oz ci propone un’altra storia “di amore e tenebra”, il suo secondo libro, un racconto sofferto e pieno di nostalgia: Michael Mio. Un testo che offre al lettore un viaggio nel tempo in una Gerusalemme lontana, appena sbocciata e già dilaniata dalla guerra. Il tutto narrato in prima persona da Hannah: una ex studentessa israeliana trentenne, sposata con Michael Gonen. Un amore e una vita coniugale che, giorno dopo giorno, vanno scomparendo, come un fiore al gelo non resiste più; Hannah è estremamente infelice di questa vita che non sente più sua fino infondo. C’è chi ha definito Hannah una Madame Bovary israeliana; e forse oggi Eshkol Nevo la definirebbe “infelice cronica”. Eppure, questa donna, che si mette a nudo davanti al lettore raccontando la storia del suo matrimonio che giorno dopo giorno si sgretola davanti ai suoi occhi, si racconta senza risparmiarsi mai, trovando la forza di non lasciarsi morire, di resistere. Sofferenza e rimpianto sono le parole chiave di questa storia, condita da una scrittura disincantata, che prende il lettore alle viscere mettendolo davanti alla sofferenza umana. Hannah e Michael: due pianeti diversi che si sfiorano, un amore unico e difficile. Un testo profondamente malinconico sin dalla prima pagina: “Scrivo questa storia perché le persone che ho amato sono morte. Scrivo questa storia perché quando ero giovane avevo una grande capacità di amare, e ora questa capacità di amare sta morendo. Ma io non voglio morire”.