Verso la fine della parashà, Moshè esorta gli israeliti a osservare la Torà dicendo: “Perché questi precetti che io ti comando oggi non sono una cosa straordinaria oltre le tue forze né sono cosa lontana da te. Non è nel cielo, perché tu dica: «Chi salirà per noi nel cielo e per prendercela e ce la farà ascoltare si che la possiamo porla in atto?»” (Devarìm, 30:11-12).
L’espressione che “La Torà non è in cielo” viene citata diverse volte nei midrashìm talmudici. Nel trattato Temurà (16a) è raccontato che durante il lutto per Moshè gli israeliti dimenticarono tremila halakhòt. Essi dissero a Yehoshua’, successore di Moshè, di rivolgersi all’Eterno per riportare le regole che erano state dimenticate. Ma Yehoshua’ rispose: “La Torà non è in cielo”.
R. Barukh Halevi Epstein (Belarus, 1860-1941), in Torà Temimà (p. 529, 12) spiega che Yehoshua’ rispose che Moshè aveva ricevuto tutta la Torà dal cielo. La Torà era stata data completa e lui non avrebbe potuto avere una nuova rivelazione.
L’espressione “La Torà non è in cielo” appare anche nel trattato Bavà Metzia’ (59b). Rabbi Eli’ezer, che era superiore in sapienza a tutti gli altri chakhamìm, sosteneva una posizione che non era accettata dalla maggioranza dei maestri. Durante la discussione un eco scese dal cielo che disse: “Cosa volete da R. Eli’ezer? La halakhà segue sempre la sua opinione?”. R. Yehoshua’, il principale oppositore all’opinione di R. Eli’ezer, rispose: “[La Torà] non è in cielo”.
R. Yosef Albo (Spagna, 1380-1444 ) nel Sèfer Ha-‘Ikkarìm (III:23) spiega che anche se R. Eli’ezer aveva ragione, non era appropriato abbandonare l’opinione della maggioranza per seguire l’opinione di un singolo. Questo perché nella Torà è scritto “di seguire la maggioranza” (Shemòt, 23:2). E se si seguisse l’opinione di un singolo invece di seguire la maggioranza, si verificherebbero dei grandi dissidi in ogni generazione perché ogni maestro potrebbe ritenere di avere ragione e quindi seguire la propria opinione anche in pratica. In questo modo la Torà verrebbe distrutta. Per questo motivo è necessario seguire l’opinione della maggioranza, ma sempre a condizione che si tratti di una maggioranza di chakhamìm e non della maggioranza delle opinioni di persone incolte.
L’episodio del dissidio tra rabbi Eli’ezer e la maggioranza dei maestri fu commentato anche da R. Binyamin Hakohen Vitale (Alessandria, 1651-Reggio Emilia, 1730) nella sua opera Avòt ‘Olàm ai Pirkè Avòt (Massime dei padri, II, 12). Nel passo talmudico di Bavà Metzia’ è raccontato che R. Eli’ezer disse: “Se lahalakhà segue la mia opinione, lo dimostri questo albero di carrubo”. L’albero si spostò di cento braccia. I maestri risposero: “Non si portano dimostrazioni dal carrubo”. R. Eli’ezer disse “Lo dimostri questa sorgente” e l’acqua tornò indietro. I maestri diedero la stessa risposta. R. Eli’ezer disse: lo dimostrino i muri della casa di studio. E i muri diventarono pericolanti e non caddero solo per rispetto a rabbi Yehoshua’. Anche questo non servì. Alla fine R. Eli’ezer disse: Lo dimostri il cielo”. Scese una eco dal cielo che disse: “Cosa volete da R. Eli’ezer? La halakhà segue sempre la sua opinione! Allora R. Yehoshua si alzò e disse: “Non è in cielo”.
R. Binyamin Hakohen spiegò che non avvennero miracoli durante questa discussione. La ghemarà allude al fatto che R. Eli’ezer cercò di convincere i maestri in quattro modi: con il peshàt (spiegazione semplice dei testi, rappresentata dal carrubo), con il rèmez (spiegazione allegorica, rappresentata dalla sorgente), con ilderàsh (spiegazione non letterale, rappresentata dal muro) e con il sod (spiegazione con i profondi segreti della Torà, rappresentata dall’eco scesa dal cielo). Tutto questo non servì perché la Torà è completa; nessuno può più penetrare nei segreti del cielo ed è mitzvà seguire l’opinione dalla maggioranza dei maestri.