Dopo che il presidente USA Joe Biden ha dichiarato accanto a Naftali Bennett e di fronte alla stampa che, pur preferendo la diplomazia con l’Iran, gli Stati Uniti prenderebbero in considerazione altre opzioni per fermare la bomba, tutto considerato, il premier israeliano può tornare a casa soddisfatto.
E’ durato 50 minuti, un tempo decisamente lungo viste le circostanze, il primo incontro privato tra l’inquilino della Casa Bianca e il suo ospite con la kippah, il primo tra i due nei rispettivi nuovi incarichi di presidente Usa e primo ministro di Israele. La chimica c’è stata, l’empatia è passata dall’uno all’altro e da loro ai media. Il rapporto tra le due nazioni alleate è più forte che mai, hanno celebrato.
Oltre a ciò, a livello di contenuti, il meeting non ha prodotto annunci eclatanti. Ma tutti i temi concordati dai rispettivi staff sono stati affrontati. Soprattutto quello più decisivo per Israele, l’Iran. I due leader hanno discusso sia su come fermare l’aggressività della Repubblica Islamica nella regione, sia come bloccarne il programma nucleare. “Gli Stati Uniti preferiscono la via diplomatica, ma se fallisce – ha concesso Biden – siamo disposti a prendere in considerazione altre opzioni per garantire che l’Iran non ottenga mai la bomba”. Poi ha dichiarato che gli Stati Uniti sosterranno lo sviluppo di legami più profondi tra Israele e i suoi vicini arabi e musulmani, e con il mondo in generale. “Discuteremo anche dei modi per promuovere la pace, la sicurezza e la sicurezza per israeliani e palestinesi”, ha precisato.
Seduto accanto a Biden, Bennett ha affermato che “Israele è al fianco degli Stati Uniti in modo inequivocabile” e ha espresso le condoglianze per gli attacchi mortali a Kabul, che hanno causato la morte di almeno 170 persone, tra cui 13 soldati statunitensi.
Bennett ha rassicurato il partner occidentale che Israele non chiederà mai agli Stati Uniti di essere difeso militarmente. ”Questo – ha ribadito – è compito nostro”. Ma ha ringraziato l’alleato, per il supporto e i mezzi messi a disposizione, confermati da parte degli Usa anche in questa circostanza.”Sostengo pienamente il rifornimento del sistema Iron Dome di Israele”, ha ribadito Biden.
Al di là dei contenuti – su cui le aspettative si erano già notevolmente ridimensionate dopo gli attentati in Afghanistan dei giorni precedenti, che hanno quasi steso al tappeto il presidente americano già alle corde e hanno complicato le sfide dello stesso Bennett nel suo primo giorno da premier negli Stati Uniti – resta una serie di considerazioni sulle interpretazioni più simboliche dell’incontro.
Il capo della Casa Bianca ha ricevuto il premier israeliano nello Studio Ovale, ma poi l’ha invitato a spostarsi in sala da pranzo, per un incontro privato in un ambiente più intimo. Un gesto di cordialità, che ha permesso ai due leader di chiacchierare sorseggiando un caffè.
Per Bennett, essere ricevuto da primo ministro a Washington è stato una sorta di iniziazione, un rituale con cui i potenti degli Stati Uniti lo hanno accolto, osservato, giudicato e ammesso ufficialmente nel loro club.
Certo, in patria lo zoccolo duro dell’elettorato del premier colono dovrà aspettare l’uscita di Shabbat per scoprire l’esito del sospirato appuntamento. In Israele il sole stava tramontando mentre i due leader iniziavano l’incontro con la stampa. E gli ebrei ortodossi non erano certamente davanti alla tv a seguirlo.
Per i media globali, l’incontro è passato in netto secondo piano rispetto alla cronaca delle ultime ore in Afghanistan. Ma la stampa israeliana, spenti i riflettori, hanno tirato un sospiro di sollievo. E certamente anche lo stesso