Carla è stata tante cose. Tante cose insieme. Sicuramente una di quelle persone che lascia il segno, malgrado sia andata via troppo, troppo presto.
In questa città ha rappresentato tanto. Tantissimo.
Una persona di un rigore e di una coerenza rarissimi nell’epoca che stiamo vivendo.
Coerenza cristallina, senza se e senza ma. Qualsiasi fosse il costo da pagare per tenerle fede.
Con Carla era impossibile non discutere, a volte anche bruscamente. Era il suo carattere. Ma era impossibile anche non volerle bene e il giorno dopo ricominciare a ridere e progettare cose insieme. Non ricordo nemmeno più come ci siamo conosciuti. So per certo che ne abbiamo “combinate” tante. Roma è una città difficile e a volte poco inclusiva. Ogni volta che una minoranza veniva minacciata arrivava la sua telefonata. “A Pa’ dobbiamo fare qualcosa”. Ogni rigurgito di destra, ogni aggressione, ogni oltraggio alla memoria. Non saprei nemmeno fare un elenco delle decine e decine di manifestazioni, odg in consiglio comunale, conferenze stampa di denuncia.
Avevamo un pallino fisso, quello della memoria, quella del ricordo. Il non dimenticare chi non si voltò dall’altra parte. Un “sana ossessione” figlia degli insegnamenti di Walter Veltroni. Mi vengono però in mente tre momenti. Il primo quando, con ” Memorie in comune”, io da consigliere comunale e lei da assessore al municipio ora ottavo, attraverso il prezioso aiuto di Pupa Garribba, andammo a scovare una per una la vita e la storia dei dipendenti comunali cacciati per le leggi razziali. Il risultato di quel lavoro si concretizzò non solo in un libro e in un dvd ma anche nell’istallazione della targa ad Aldo e Bixio Pergola – morti ad Auschwitz – nel piazzale del dipartimento al personale capitolino, ricordo e monito affinché anche oggi non venga calpestata la dignità umana sui posti di lavoro.
Il secondo momento riguarda un pranzo con Piero Terracina e Rossella Veneziano alla Terrazza Caffarelli. Un pranzo particolare. Piero tornava finalmente in Campidoglio dopo gli anni.
Infine una idea che coltivammo insieme, stufi delle contestazioni alla Brigata Ebraica durante le celebrazioni del 25 aprile. Per il 70mo anniversario della Liberazione decidemmo (io come assessore alla memoria e lei che seguiva questi temi per il Sindaco Marino) di dedicare quel 25 aprile del 2015 a due grandi uomini che da poco ci avevano lasciati. I partigiani Massimo Rendina e Elio Toaff. Due religioni, due terre natali diverse, Venezia e Livorno, un’unica grande patria da difendere dagli orrori del nazifascismo. Non solo. Decidemmo insieme di riportare la festa di Liberazione in piazza del Campidoglio. Con tante bandiere italiane e gli stendardi di tutte le associazioni partigiane. Compresa chiaramente la Brigata Ebraica.
Fu una vera e propria festa fatta di testimonianze ma anche di canti e balli.
La piazza era gremita di gente e di bandiere. Ci abbracciammo forte. Sentivamo di aver rimesso un po’ la storia al posto giusto.
Ora mi piace immaginarla lì con Zia Settimia e tutti gli altri. Ciao Pasionaria senza paure di un tempo che non è più’.
Grazie per esserci stata ed esserci stata come hai saputo esserci.
Ti vogliamo bene
Baruch Dayan HaEmet.