Ci sono mostre e pubblicazioni che permettono di riscoprire e approfondire figure di cui talvolta si è assopita la memoria. È il caso di Ludwig Pollak (1868 – 1943) archeologo, mercante e collezionista arrivato a Roma alla fine dell’Ottocento e destinato a diventare figura di rilievo nei decenni successivi, prima della deportazione ad Auschwitz con la sua famiglia dopo l’arresto del 16 ottobre 1943.
Tra il 2018 e il 2019 una mostra allestita al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, di cui Pollak era stato il primo direttore onorario, e al Museo Ebraico di Roma – curata Orietta Rossini e Olga Melasecchi – aveva permesso di far luce sulla complessità di questo studioso che, per alcuni, era soprattutto noto per il ritrovamento e l’acquisto nel 1903 del braccio destro del gruppo scultoreo del Laocoonte, donato dallo stesso qualche anno più tardi ai Musei Vaticani. In quell’occasione, era stata esposta anche la sua collezione offerta dalla cognata Margaret Sussmann Nicod al Comune di Roma nel corso degli anni ’50. Tra i vari filoni di ricerca, era emerso il suo contributo alla conoscenza e alla giusta attribuzione di reperti, i rapporti commerciali con raffinati collezionisti privati e istituzioni museali straniere nonché quello con la sua identità ebraica e la Comunità Israelitica romana.
Oggi una nuova pubblicazione ‘L’ossessione per l’antico. Sigmund Freud e Ludwig Pollak tra ebraismo, archeologia e collezionismo’ (Edizioni עt) curata da Roberta Ascarelli e Orietta Rossini raccoglie gli interventi all’omonimo convegno che ha avuto luogo a Roma (Palazzo Braschi) a margine della mostra, frutto delle ricerche di vari studiosi e realizzato dalla Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, nata nel 2019 per promuovere e sostenere i progetti del Museo e presieduta da Alessandra Di Castro.
Il volume, a partire dalla ricostruzione degli incontri avvenuti dal 1917 tra Freud e Pollak, annotati da quest’ultimo nei suoi preziosi diari, indaga il loro rapporto tra comuni origini e l’attitudine allo “scavo”, interiore per il primo e archeologico per il secondo, con lo sguardo rivolto al passato.
Il fondatore della psicoanalisi, infatti, aveva scelto proprio lo studioso praghese per catalogare la sua collezione e grazie a lui era entrato in possesso di una lastra a bassorilievo di un sarcofago romano del II sec. d. c., iniziando così una conoscenza portata avanti anche successivamente.
Grazie ai contributi raccolti, sono analizzate le implicazioni di questo rapporto sotto la lente di discipline diverse, dall’archeologia alla psicoanalisi, passando per la letteratura e la storia del collezionismo, restituendo l’intreccio umano e culturale nella Roma e nella Vienna dei primi decenni del Novecento.
Il volume sarà presentato lunedì 5 luglio alle ore 18.00 presso i Giardini del Tempio Maggiore.
L’evento, promosso dal Museo Ebraico di Roma e realizzato in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma, si aprirà con i saluti della Presidente della Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, Alessandra Di Castro. Interverranno all’incontro Barbara Jatta, Direttrice dei Musei Vaticani, Anna Maria Nicolò, già Presidente della Società Psicoanalitica Italiana e Claudio Parisi Presicce, Direttore dei Musei Capitolini. Modera Olga Melasecchi, Direttrice del Museo Ebraico di Roma.