Credevamo di esserci lasciati alle spalle i giorni scanditi dai bollettini R0, l’indice che registra il livello di contagiosità del coronavirus.
Il ceppo originario (Wuhan) si attestava al 2,5%, la variante alfa (inglese) sale al 5% mentre la delta (indiana) viaggia intorno al 7%, ad essa si è affiancata la ulteriore variante delta plus più pericolosa perché presenta una maggiore capacità di legarsi ai recettori delle cellule polmonari.
Preoccupa la variante gamma (brasiliana) per la sua capacità di dividere in due parti la proteina spike rendendola più offensiva e resistente ai vaccini.
Il completamento del ciclo vaccinale è in grado di proteggere al 90% dagli eventi più gravi ma l’obiettivo dell’immunità di gregge, rappresentato dall’80% della popolazione vaccinata, è ancora lontano.
In Italia solo il personale sanitario e gli ultraottantenni hanno superato questa quota, i settantenni sono appena sopra il 50% mentre sono ancora scoperte le altre fasce di età.
Fino a quando non raggiungeremo l’immunità di gregge il virus continuerà a circolare e dovremo aspettarci ulteriori mutazioni.
Con la variazione delta che si avvia a diventare dominante non sono rassicuranti gli allentamenti delle misure di prevenzione (mascherine, distanziamento) e neppure la ripresa dei viaggi, degli spettacoli pubblici, degli eventi sportivi ecc.
In Israele, dove pure la vaccinazione di massa ha raggiunto livelli efficaci, si riaprono le terapie intensive e già ci sono i primi pazienti in respirazione assistita. Il Portogallo è stato costretto ad adottare nuovamente misure restrittive e la stessa Inghilterra dovrà rivedere la sua politica di contrasto al virus.
Sempre valida la antica massima ebraica che ognuno è responsabile verso gli altri: dal comportamento prudente e responsabile di ciascuno di noi dipenderà la salute dell’intera collettività.