Tra le caratteristiche più affascinanti di Israele vi sono i suoi musei, numerosi (oltre un centinaio in un paese di 9 milioni di abitanti), ben organizzati, molto visitati, talvolta di assoluto rilievo internazionale, come l’Israel Museum e il Tel Aviv Museum of Art. Vi sono musei archeologici, musei del territorio, musei biblici, musei scientifici, luoghi di documentazione e riflessione dedicati alla Shoah ma il più originale di tutti, quello che poteva sorgere solo in Israele, è ANU il Museo del popolo ebraico che ha sede nel campus dell’Università di Tel Aviv.
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Il 3 marzo 2021 in concomitanza con la fine del terzo lockdown e con la stragrande maggioranza della popolazione israeliana vaccinata è stato inaugurato il nuovo allestimento di ANU il Museo del popolo ebraico. Il museo ha abbandonato la sua denominazione precedente di Beit Hatfutsot che risaliva al 1978 e presentato 7.000 metri quadri di mostra permanente.
ANU significa “noi” perché siamo noi i protagonisti ed è per noi tutti indistintamente che è stato pensato l’allestimento.
L’evento online di presentazione dei tre spettacolari piani del nuovo museo si era svolto il 23 febbraio 2021 alla presenza di migliaia di invitati selezionati e in rappresentanza di tutto il popolo ebraico nei cinque continenti e in Israele. Un evento in cui un doveroso ringraziamento è andato a Leonid Nevzlin per aver contribuito alla rinascita degli spazi espositivi con grande generosità e lungimiranza. Accanto a lui la figlia Irina, presidente del Board of Directors che ha dedicato tempo ed energie per far sì che il suo sogno di rinnovamento diventasse realtà. Con la famiglia Nevzlin e con lo Stato d’Israele molti filantropi si sono impegnati finanziariamente permettendo l’investimento totale di cento milioni di dollari che ha permesso di triplicare gli spazi espositivi e di realizzare allestimenti multimediali all’avanguardia. L’architetto americano Patrick Gallager è stato scelto come miglior interprete del percorso espositivo che lascia il visitatore letteralmente senza fiato.
Il CEO di ANU Dan Tadmor con straordinaria tenacia ha seguito i lavori senza mai farsi spaventare dalle molte avversità che ha dovuto fronteggiare in questi anni affiancato da un team di professionisti di grande livello. Sul fronte delle relazioni con l’Italia un valore aggiunto è il ruolo ricoperto da Enia Zeevi Kupfer, direttore del Desk Europa che, oltre a parlare perfettamente l’italiano, è a disposizione di chiunque desideri approfondire aspetti più o meno noti della realtà di ANU. Il comitato scientifico, guidato dalla curatrice principale Dr.Orit Shaham Gover, ha realizzato un itinerario che, partendo dal terzo piano e scendendo via via ai livelli inferiori, permette ai visitatori di ogni età di immergersi nell’identità più autentica del popolo ebraico, di sentirsi parte integrande della sua storia, della sua lingua, della sua religione e della sua memoria storica.
Nessun altro popolo può vantare una continuità lontanamente paragonabile a questa. Un meraviglioso irraggiamento mondiale cui hanno corrisposto forme di integrazione e di scambio culturale, con lingue locali come l’Yiddish e il Ladino, architetture, costumi, cibi, abitudini rituali assai diverse. L’aspetto straordinario è che tutta questa moltiplicazione geografica e questo irraggiamento culturale non hanno comportato una divisione, una perdita di identità. Ebrei yemeniti e polacchi, italiani e iracheni si sono sempre riconosciuti come un unico popolo, pur tenendo moltissimo alle loro particolarità. Di tutta questa incredibile varietà ANU è il museo. Vi sono le mappe degli spostamenti e delle comunità, plastici di sinagoghe ed edifici comunitari dei luoghi più diversi, documenti storici, storie individuali, vicende di piccole e grandi comunità. Dice Enia Zeevi Kupfer: “speriamo tutti di poter tornare presto in Italia per incontrare i tanti amici del museo e accrescere la già proficua collaborazione”.
L’idea di base è di disegnare un ritratto complessivo dell’identità ebraica attraverso tutte le tradizioni che la compongono. ANU in questo suo nuovo allestimento custodisce materiali originali ma è al contempo una straordinaria e documentatissima macchina didattica, pluralistica e inclusiva.
Photograph credit: Roni Cnaani.