La Storia si sa non è fatta solo di grandi eventi, ma soprattutto da storie personali, di persone comuni, la cui vita viene raccontata dalle loro tracce, da ciò che lasciano dietro a sé.
Ed è in una di queste tracce, in un manoscritto, che è stata scoperta la storia di Pacifica Citoni in Di Castro, le cui vicende sono raccontate in un memoriale custodito all’interno dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER) “Giancarlo Spizzichino”.
In poco più di quattro pagine viene raccontata la vicenda di questa donna del Ghetto del 1600, oggetto di violenze e di soprusi da parte dell’ex marito, che decise di convertirsi al cattolicesimo, costringendo anche i suoi figli. Solo Pacifica si oppose a questa costrizione, passando un periodo terribile fatto di violenze psicologiche nei luoghi in cui è stata trattenuta, dalla quale uscì con una forza incredibile mantenendo ferma la sua fede.
Nel suo esordio da scrittrice Opporsi alla conversione: Pacifica Di Castro ebrea romana del XVII secolo, Susanna Limentani, laureata in Studi Ebraici al corso di laurea dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, racconta la storia di Pacifica ricostruendola puntualmente, dando un quadro chiaro di quale fosse la condizione degli ebrei nel periodo del Ghetto.
Il saggio storico, pubblicato poco meno di un mese fa, verrà presentato domani in una diretta Facebook sulle pagine del Centro di Cultura Ebraica, della Libreria Ebraica Kiryat Sefer e in quella dell’Archivio Storico. È l’Archivio, diretto da Claudio Procaccia, a conservare e a custodire buona parte dell’immenso patrimonio culturale della Comunità Ebraica di Roma: «Negli ultimi mesi si sta assistendo ad un potenziamento della comunicazione di questo dipartimento – spiega l’assessore alla cultura della Comunità Ebraica di Roma Giordana Moscati – per valorizzare, condividere, e rendere accessibile anche al grande pubblico, e non solo agli addetti ai lavori, il nostro patrimonio, che racconta ciò che siamo e ciò che eravamo lungo i secoli».
In occasione della presentazione del volume, Shalom ha intervistato l’autrice Susanna Limentani.
Come ha scoperto la vicenda di Pacifica Di Castro?
Durante il corso di laurea la docente Micol Ferrara ci ha portato in visita all’archivio. Silvia Haia Antonucci ci parlò di una serie di documenti all’interno di una raccolta. Si trattava di una serie di testi ancora non studiati. Ognuno di noi studenti ne ha preso uno, e a me capitò quello di Pacifica, datato 1694. Lo lessi subito agli altri, ma la sua storia mi rimase dentro. Ho sentito la necessità di studiarlo, e così ci ho scritto la tesi. A distanza di qualche anno, ho fatto qualche altra ricerca nei vari archivi ed ecco che è uscito questo saggio storico, che non è proprio un libro, né un romanzo, perché ho voluto raccontare la storia esattamente così com’era.
Perché si è appassionata alla storia di questo personaggio?
Mi hanno colpita la tenacia di questa donna e le violenze che ha subito da un marito despota, ostinato nel volerla insieme a lui in questa scelta così personale, così difficile. E poi il fatto che il suo attaccamento all’ebraismo è stato così forte da dover subire tutte quelle violenze pur di rimanere ebrea. Questo sono alcuni dei motivi che mi hanno spinto ad approfondire la storia. Oltre tutto le fonti non sono così tante e quindi fin dove le fonti me l’hanno permesso, io ho scritto e ho cercato.
Da dove è nata la volontà di scrivere un libro sulla sua storia?
È nata dall’esigenza che il mondo doveva sapere. Non dovevo sapere solo io, i miei professori o i miei compagni, dovevano sapere tutti quanti cosa hanno vissuto gli ebrei all’interno del Ghetto per 300 anni, che la violenza da parte degli uomini c’è sempre stata, e che bisogna e si può combattere questo mostro. Da quando ho avuto quel documento in mano avevo deciso che dovevo scriverlo.
Secondo lei, storie di donne forti come Pacifica, possono essere di esempio ancora oggi?
Devono essere di esempio! Per combattere gli uomini violenti si devono condividere queste storie. E nella storia di Pacifica di violenza ce n’è stata tanta. E questo purtroppo che rende la sua vicenda molto attuale. Questo libro secondo me dovrebbe essere letto da tutte le persone che si occupano di questo tema.
Quello dello studio approfondito di storie di persone comuni può diventare un modo per rendere accessibile la storia anche al grande pubblico?
Scrivere e parlare sono gli unici modi per renderlo accessibile. Sicuramente la storia di Pacifica, una donna poverissima all’interno del Ghetto e quindi una donna comune che non ha fatto nulla per farsi conoscere nella sua vita, a distanza di 300 anni può far cambiare qualche cosa, anche un poco.
Ha in mente altre storie da raccontare?
Sicuramente tornerò nell’archivio. Frequenterò il nostro come base di partenza per trovare altre storie. Se ne troverò altre che mi entrano dentro come mi è entrata lei, sicuramente! Perché adoro cercare e ricercare nella storia. Quindi sicuramente il mio obiettivo è di trovarne di nuove. Abbiamo un archivio meraviglioso, pieno di storie molto importanti che non sono conosciute e che quindi bisogna divulgare. Se ci riuscirò, sarà un’altra cosa da fare per il mio futuro, vedremo.