In un momento storico in cui l’ondata di antisemitismo non accenna a diminuire, e ne sono la prova le minacce lanciate alla Senatrice Segre, che ha ricevuto la prima dose di vaccino anti Covid, un gesto senza precedenti è quello di Papa Francesco che nella giornata di Sabato 20 Gennaio, si è recato a casa della scrittrice e poetessa Edith Bruck, ebrea di origine ungherese, sopravvissuta ai campi di sterminio, che nel corso degli anni ha portato avanti senza sosta il suo lavoro di testimone.
Alla vigilia della Giornata della Memoria, Edith Bruck viene intervistata da una giornalista dell’Osservatore Romano, a cui racconta gli orrori vissuti nei campi di sterminio, e del coraggio di tramandare la sua testimonianza, datole da due sconosciuti al campo di Bergen Belsen, che l’hanno esortata a trovare la forza di parlare: “Racconta” le dissero, “non ti crederanno. Ma se tu sopravvivi, racconta anche per noi”.
Papa Francesco rimane molto colpito dall’articolo e decide di incontrare la Bruck di persona, in modo informale.
A seguito del colloquio è la stessa Edith Bruck a raccontare in un’intervista a Shalom, il suo colloquio con il pontefice.
Da dove nasce l’iniziativa di Papa Francesco di venirla a trovare direttamente a casa?
“È nata da un’intervista che mi ha fatto Francesca Romana De Angelis per l’Osservatore Romano sulla Giornata della Memoria. Il Papa l’ha letta ed è rimasto colpito e ha detto di volermi conoscere, allora il Direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda, ha proposto di invitarmi in Vaticano, ma il Papa ha risposto “sono io che voglio andare da lei”.
È venuto sabato. Mi ha portato una Menorah e un’edizione del Talmud Babilonese in regalo. Quando l’ho visto sulla porta non credevo ai miei occhi, ero molto commossa.
Mi ha abbracciata e mi ha chiesto scusa a nome dell’umanità per la Shoah, ripetendo le parole pronunciate a Yad Vashem: che siamo tutti fratelli.
Abbiamo parlato di antisemitismo, populismo, razzismo, e mi ha ringraziata per il mio lavoro di scrittrice e testimone, che faccio ogni giorno da oltre 50 anni. È Stato molto dolce, molto umano, addirittura abbiamo mangiato insieme un dolce alla ricotta. Era così amichevole che quasi non ci credevo. Insieme a noi c’erano i miei nipoti e il Direttore dell’Osservatore Romano, nessun altro”.
Come è andato il colloquio? Quali sono stati i punti salienti della conversazione?
“ Il nucleo centrale è stato il discorso sulla Memoria: il timore che quando noi sopravvissuti non ci saremo più, l’importanza del ricordo si appiattisca. È un po’ il timore di tutti noi, perché lo stanno già mistificando in tutti i paesi: l’Ungheria, la Polonia, l’Italia stessa. Perciò finchè ci saranno dei testimoni diretti la Memoria persisterà senza dubbio: io vado in tutte le scuole, le università, ma temo per ciò che verrà dopo.
Il Papa ha riconosciuto l’antisemitismo come una cosa vergognosa, e ha concordato che ciò che è accaduto non dovrà riaccadere.
Ha letto il mio ultimo libro “Il pane perduto” e lo ricordava quasi a memoria.
È stato un incontro molto semplice, familiare, senza cerimonie.
Gli ho consegnato una lettera che ha spedito un rabbino di Buenos Aires, che lo conosce molto bene e con cui ha lavorato in passato e gli ho regalato un mio libro di poesie”.
Relativamente al valore della Memoria, pensa che il gesto di questi personaggi così influenti possa in qualche modo fare la differenza, in un momento storico in cui gli atti di antisemitismo sembrano nuovamente incrementarsi?
“La situazione di oggi non è rassicurante. Il Papa ha chiesto scusa ripetutamente per quanto accaduto, ma non a me personalmente, credo che questo sia stato un omaggio ad una sopravvissuta, le scuse erano rivolte a tutti gli ebrei. In qualche modo rappresentava qualcosa per lui: la cosa incredibile è stata che lui è voluto venire da me, come andare verso il popolo ebraico.
Non è stato un caso che sia venuto proprio di sabato (gli ho fatto anche la Challah). È stato tutto molto commovente e credo sia molto importante per tutti, non solo per me, perché nessuno avrebbe portato la Menorah o il Talmud Babilonese”.