Il racconto della deportazione di Giulio Amati e della sua famiglia per comprendere una tragedia dalla dimensione storica
Quello che ha compiuto Andrea Di Veroli, scrivendo il libro “Giulio Amati da uomo a numero”, è un atto d’amore (ma anche di giustizia) verso il nonno mai conosciuto. E’ la storia della deportazione del nonno materno, insieme ai bisnonni Amedeo Sonnino e Dora Pavoncello e del loro figlio Angelo Sonnino.
Mentre i Sonnino vennero catturati nella retata del 16 ottobre del 1943, Giulio Amati fu arrestato su delazione, insieme alla figlia Dora di 5 anni, alcuni mesi dopo, nel febbraio 1944. Riuscirà a far liberare la figlia, pagando la somma di 300 mila lire. Nello scambio i tedeschi arrestarono anche il cognato Angelo Sonnino. Dopo il carcere di Via Tasso, quello di Regina Coeli, saranno entrambi internati nel campo di Auschwitz dove saranno destinati ai lavori forzati in condizione disumane fino all’estremo. Giulio sarà trasferito a Buchenwald e sterminato presumibilmente a Landsberg mentre Angelo Sonnino fu trasferito in diversi campi fino a quello di Gusen, dove fu liberato il 5 maggio 1945 e rimpatriato in Italia il 1 luglio 1945.
Le ragioni di questo libro di memorie collettive e familiari, che però rientrano nella grande memoria storica della Shoah, lo spiega molto bene lo stesso Andrea di Veroli nella prefazione al suo libro: “Noi figli e nipoti della Shoah che abbiamo l’animo graffiato da tante assenze e portiamo le ferite di un’esperienza non vissuta, noi che sentiamo la Shoah come qualcosa di nostro e, soprattutto, noi che non vogliamo dimenticare abbiamo la necessità di portare avanti quell’immenso lavoro iniziato dai pochi sopravvissuti di raccontare e tramandare le loro tragiche storie”.
Il libro – che è arricchito dalle prefazioni di Rav Riccardo Di Segni (Rabbino Capo di Roma), Ruth Dureghello (Presidente Comunità Ebraica di Roma), Francesco Tagliente (Prefetto della Repubblica), Nicola Zingaretti (Presidente Regione Lazio), Daniele Ognibene (Consigliere Regione Lazio), Aldo Pavia (Presidente ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti sezione di Roma) e postfazione di Giovanni Cecini – non si affida solo ai ricordi e alla ricostruzione storica della famiglia. Ma è l’occasione per una lunga, articolata ed elaborata ricerca documentale sulla condizione degli internati e deportati ebrei romani che, insieme a Giulio Amati, condivisero la terribile esperienza di Auschwitz.
Un libro quindi dal grande respiro che dimostra come la tragedia della Shoah sia tutt’alto che metabolizzata e non per spirito di vendetta, ma come necessità per tutti noi – e non solo per i parenti dei deportati e sterminati – di conoscere nei dettagli quante più storie è possibile. Perchè senza conoscere le storie personali, anche intime delle vittime e delle loro famiglie, non si potrà mai comprendere a pieno la dimensione generale della Shoah.