La seconda parashà del libro di Vaykrà inizia con l’Eterno che si
rivolge a Moshè dicendo: “Dai ordine ad Aharon e ai suoi figli riguardo alla
legge dell’olocausto (‘olà). L’olocausto arderà tutta la notte
fino alla mattina sulla pira che è sul mizbèach
(altare) dove il fuoco del mizbèach
verrà mantenuto acceso” (6:2).
Rashì (Francia, 1040-1165) nel suo commento alla Torà spiega il
motivo per cui in questa parashà la Torà
usa la parola “tzav”, cioè “dai
ordine”. Egli scrive: “L’espressione tzav
non denota altro che sollecitare, fare premura, in riferimento al presente e al
futuro; riguardo a questo R. Shim’on [Bar Yochai] disse che la Scrittura deve
sollecitare nelle situazioni dove vi è una perdita di denaro”. In questo caso i
kohanìm vanno sollecitati perché
l’olocausto viene totalmente bruciato e i kohanìm
non ne traggono alcun beneficio, mentre in altri sacrifici i kohanìm ricevono parte della carne.
Il Nachmanide (Girona, 1190-1273, Acco) non è d’accordo con la
spiegazione che Rashì da’ per l’uso della parola tzav in questa parashà.
Il Nahmanide afferma che il midràsh di
R. Shim’on non si riferisce a questo ordine, perché in questa occasione i kohanìm non subiscono perdite; infatti quando
qualcuno porta un olocausto da fare ardere totalmente sul mizbèach, i kohanìm
ricevono le pelli degli animali.
R. Hezekia ben Manoach (Francia, 1250-1310) nella sua opera Chizkuni viene alla difesa di Rashi
dicendo che la Torà non si riferisce a perdite dei kohanìm bensì al fatto che se il sacrificio non viene fatto secondo
le regole bisogna portarne un altro e si causa così una perdita [al popolo
d’Israele che paga per le ‘olòt].
R. Efraim Luntschitz (Polonia, 1550-1619, Praga) nel suo commento Kelì Yakàr scrive che l’olocausto è
diverso da altri sacrifici perché in questo passo è scritto che i kohanìm devono seguire che arda sul mizbèach tutta la notte fino alla
mattina. Per questo motivo c’è da temere che in caso di perdita di attenzione
un kohen si addormenti e il
sacrificio non venga fatto in modo appropriato. Pertanto bisogna fare premura
ai kohanìm. Citando R. Eliyahu
Mizrahi, egli aggiunge che dover stare svegli tutta la notte a seguire i
sacrifici che ardono sul mizbèach è
una sofferenza superiore a quella che si ha quando si subisce una perdita di
denaro. E proprio da qui i Maestri hanno imparato che i kohanìm sono premurosi perché la Scrittura gli ha sollecitati ad
esserlo.
A proposito della
perdita di denaro, R. Luntschitz cita il Talmud Yerushalmì (trattato Terumòt,
8:4) dove viene raccontato che dei briganti rubarono la borsa del denaro a
R. Yochanàn. Quando venne nel bet
ha-midràsh (casa di studio) il suo collega R. Shim’on ben Lakìsh gli fece
più di una domanda ma R. Yochanan non seppe rispondere. R. Shim’on ben Lakìsh
gli chiese il motivo. E R. Yochanàn rispose: tutti gli organi del corpo
dipendono dal cuore, e il cuore dipende dalla borsa del denaro. Da qui abbiamo
una prova che la perdita di denaro confonde anche un chakhàm (saggio) e gli può anche causare di commettere
trasgressioni. Per questo bisogna fare premura ai kohanìm in modo che stiano ben attenti quando portano olocausti sul
mizbèach.
L’episodio della
perdita di denaro di R. Yochanàn ebbe una felice conclusione. Il suo collega di
studio R. Shim’on ben Lakìsh era un uomo di forza eccezionale ed era stato per
un certo periodo preso dai Romani e costretto a fare il gladiatore. Egli
inseguì i briganti e li chiamò da lontano chiedendo che restituissero la
refurtiva altrimenti li avrebbe attaccati. Vedendo con chi avevano da fare, i
briganti abbandonarono il maltolto e R. Shim’on ben Lakìsh lo restituì a R.
Yochanàn.