E’ stato condannato a 4 anni e 2 mesi di carcere Sayed Fayek
Shebl Ahmed, ex mujaheddin egiziano che ha combattuto in Bosnia, residente nel
Comasco e ora detenuto a Nuoro, imputato di terrorismo internazionale per aver
convinto il figlio Saged, 23 anni, a partire per la Siria nel 2014 e combattere
tra le file di un gruppo legato ad Al Nusra,
denominato Harakat Nour al-Din al-Zenki. La sentenza è stata emessa in abbreviato dal gup di Milano
Stefania Pepe, a seguito dell’ inchiesta
del pm Enrico Pavone e della Digos.
Secondo l’accusa, il 53enne ha organizzato e finanziato il viaggio del figlio (irreperibile),
inviandogli compensi mensili da 200
euro. Il gup gli ha concesso le attenuanti generiche come chiesto dal pm, perché Sayed avrebbe fornito
agli investigatori italiani, tramite il
figlio Saged, informazioni sul rapimento di
Fabrizio Pozzobon, idraulico di Castelfranco Veneto ed ex consigliere comunale leghista che, partito
per la Siria con “l’intento di
arruolarsi” con i ribelli al regime di Assad, sarebbe poi stato rapito.
Il giudice ha anche stabilito, come richiesto dal pm (la Procura aveva chiesto
una condanna a 5 anni e 4 mesi),
l’espulsione dell’uomo dall’Italia a pena espiata. Le motivazioni della sentenza tra 90 giorni. L’egiziano era stato arrestato nel gennaio
dello scorso anno con un’ordinanza
cautelare in carcere emessa anche nei confronti
del figlio, foreign fighter in Siria e latitante. La madre del giovane, Halima, invece, era stata espulsa
per motivi di sicurezza pubblica.
“Abbiamo trovato situazioni di tanti tipi,
ma una famiglia così compatta nella radicalizzazione non ci era mai capitata”, aveva spiegato all’epoca
Claudio Ciccimarra, capo della Digos di
Milano, chiarendo i dettagli dell’operazione
‘Talis pater…’ iniziata nel marzo 2015 dopo una comunicazione che proprio il padre aveva riferito alla
Digos di Como (la famiglia viveva nel
vicino comune di Fenegrò) per depistare le
eventuali indagini su di loro.
Il figlio del 53enne era partito dall’Italia per la Siria il 30 giugno 2014 per unirsi alla brigata Nour
al-Din al-Zenki, confluita con altre
formazioni jihadiste nell’organizzazione
terroristica Hayiat Tahir Ash Sham. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Giusy Regina, ha sostenuto,
invece, che quel padre non è un
terrorista, ma “piuttosto che tenere suo figlio in Italia a spacciare, ha deciso di mandarlo in
Siria”. L’avvocato aveva
chiesto a più riprese di sentire due
agenti della Digos che indagarono sul caso e rappresentanti dei Ministeri degli Esteri di Stati Uniti e
Turchia. “Anche gli Usa e la
Turchia – aveva spiegato il legale – come il mio assistito, hanno finanziato combattenti di Al-Nusra, ma
loro non sono imputati”. E ha
ricordato che la Procura milanese aveva chiesto
l’archiviazione dell’indagine per terrorismo nei confronti di Saged per poi riaprirla nell’agosto del 2017,
ossia “dopo che gli Stati Uniti
hanno definito organizzazione terroristica la
brigata Harakat Nour al-Din al-Zenki”.