Che nella politica mondiale a sinistra vi sia spesso ostilità (aperta) per Israele e (un po’ più nascosta) per gli ebrei, è purtroppo un fatto costante, che con le debite eccezioni vige ormai da molti decenni. Ciò naturalmente non significa che non vi sia anche antisemitismo dell’estrema destra, e che anzi questo tema unifichi le strane ma non infrequenti confluenze “rosso-brune”. Ma in genere si è sostenuto che l’odio per Israele e l’antisemitismo a sinistra caratterizzassero solo i movimenti più estremi, anche se in passato notissimi socialdemocratici certamente non estremisti come Palme e Kreisky sono stati accaniti nemici di Israele. Da qualche tempo però assistiamo al passaggio di interi movimenti di sinistra “moderata” in questo fronte. Il caso più noto è quello del laburismo inglese, che sotto la guida di Jeremy Corbyn si è radicalizzato anche contro Israele e gli ebrei, suscitando dimissioni, inchieste e l’acuta preoccupazione degli ebrei britannici. Un caso analogo riguarda i democratici americani in cui prendono sempre più peso, oltre a Sanders, giovani militanti “socialisti” e spesso islamici, come Alexandra Ocasio Cortez e le deputate Lina Sarsour e Ilhan Omar. Quest’ultima si è resa protagonista nelle ultime settimane di una serie di dichiarazioni contro Israele che sono regolarmente scivolate nell’antisemitismo, con accuse agli ebrei di praticare la “doppia lealtà” (cioè il tradimento) e di usare “il potere del denaro” a favore di Israele. L’aspetto più preoccupante è che la leadership democratica tradizionale ha cercato di condannare questi deliri con una mozione parlamentare, ma non ci è riuscita ed ha dovuto ripiegare su una generica dichiarazione di rifiuto dell’odio. Insomma, alla viglia dell’apertura della campagna per le presidenziali del 2020, la sinistra democratica è forte abbastanza per impedire al partito di condannare l’antisemitismo nei suoi ranghi – proprio come è accaduto al Labour. E’ un segnale gravissimo, pericoloso anche al di là del mondo anglosassone.