Qualche giorno fa un gruppo terroristico musulmano ha ucciso 46 poliziotti indiani con un’autobomba. L’India ha reagito bombardando la base del gruppo, in territorio pakistano. I giornali indiani hanno pubblicato foto della base: la scala d’accesso era dipinta con bandiere americane, indiane e israeliane sui gradini, in modo che chiunque passava di lì le calpestasse. Il governo pakistano ha proclamato la propria innocenza, come già fece alcuni anni fa per l’attacco di Mumbay, che investì un grande albergo e anche la sede di Chabad uccidendone il rabbino con la moglie. Ma poi ha mandato la sua aviazione a difendere la base terrorista, provocando un grave conflitto militare con l’India, pericolosissimo perché sono entrambe potenze nucleari. Insomma il Pakistan si comporta esattamente come l’Iran e la Siria, che proteggono i terroristi di Hezbollah e di Hamas. Ma c’è di più: la modalità dell’attacco è la stessa che diversi gruppi di terroristi musulmani hanno usato in Argentina (contro la comunità ebraica), negli Stati Uniti, parecchie volte in Europa, in Russia (i ceceni), in Nigeria (Boko Haram) e Somalia, spesso anche in paesi islamici giudicati “infedeli” perché troppo poco islamici – e naturalmente in Israele. E’ un incendio mortale che coinvolge tutto il mondo musulmano, i suoi confini, i luoghi dove vi è un numero cospicuo di immigranti e loro discendenti. Non tutto il terrorismo ne fa parte, ma almeno il 90% degli episodi degli ultimi anni ha questa matrice. Naturalmente esistono moltissimi musulmani che non si sognano di fare terrorismo, ma governi, forze politiche e “religiosi” spesso le giustificano e le promuovono. Chiamatemi pure islamofobo (che significa “uno che ha paura dell’Islam), ma a me sembra evidente che questo è il più grande pericolo politico nel nostro mondo e che averne paura (e cercare di combatterlo) è perfettamente ragionevole.
Ugo Volli