Con la formazione di un blocco di centrosinistra comprendente i laicisti di Lapid e il nuovo partito dei generali, molto attraente per il pubblico israeliano sia perché nuovo sia perché attinge al prestigio dell’esercito, la politica israeliana potrebbe essere rivoluzionata. Per la prima volta da una decina d’anni, secondo i sondaggi attuali, il Likud, partito del centrodestra, non sarebbe più il primo partito e l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz potrebbe aspirare all’incarico di governo, con un accordo di alternanza con Lapid. Ma le cose non sono così semplici. Anche Tipi Livni, appena uscita dalla politica, ottenne il maggior numero di eletti, ma non poté formare il governo, perché non aveva una coalizione possibile. Lo stesso potrebbe accadere al nuovo partito bianco e azzurro, che adesso è accreditato di 36 seggi: anche sbilanciandosi a sinistra coi voti dei laboristi e dei “postsionisti” (o anti…) di Meretz, arriverebbe secondo i sondaggi più o meno a 45 seggi, mentre la minima maggioranza richiesta è di 61. I partiti religiosi sono incompatibili con Lapid, la frammentata galassia di destra non potrebbe certo allearsi con Meretz. Restano i partiti arabi, che però sono ormai legati a Fath e perfino a Hamas. A parte Gantz, le cui opinioni politiche non sono chiare, potrebbe un sionista come l’altro ex capo di stato maggiore e ministro della difesa Yaalon allearsi con loro? E’ possibile dunque che nasca comunque un governo Netanyahu, con Likud (30 seggi secondo gli ultimi sondaggi), i religiosi (fra i 10 e i 15) Bennett (fra i 7 e i 10) e quel che resta del partito che ha abbandonato (4 o 5) Kahlon (4 o 5) Liberman (4 o 5). A questo punto magari anche parti del nuovo partito potrebbero scegliere di entrare in maggioranza, come Gantz ha accuratamente evitato di escludere. Ma alle elezioni manca ancora un mese e mezzo, la politica israeliana non annoia mi e certo i colpi di scena non sono finiti.
Ugo Volli