“Sono
pentito, avevo paura dei bombardamenti”. E’ quanto dichiara Samir Bougana,
uno dei 130 foreign fighter italiani arruolati dal Califfato, in un’intervista
a La Stampa in cui racconta la sua esperienza a cominciare dalla
radicalizzazione avvenuta in Germania nel 2010.
Di
origine marocchine ma nato a Gavardo (Brescia), 24 anni, Bougana ha frequentato
l’Istituto tecnico industriale sino al secondo anno prima di trasferirsi con la
famiglia in Germania, a Bielefeld. “Avevo 16 anni, ho iniziato a
frequentare un po’ di moschee poi è iniziata la guerra in Siria e attraverso
internet sentivo i discorsi degli sceicchi. Ho iniziato a pensare che dovevamo
aiutare questa gente, era un dovere di buon musulmano. Avevo 19 anni quando è
iniziata la radicalizzazione, via internet soprattutto, navigando vedevo i
bambini e le donne uccise e ho iniziato a sentirmi coinvolto. Nel 2013 ho visto
tanti partire così mi sono deciso, i miei genitori non sapevano nulla. Sono
partito con mia moglie: è tedesca di origine turca”.
L’ex
terrorista dell’Isis, catturato il 27 agosto scorso dalle forze curde in Siria,
parla all’inviato Francesco Semprini, da una località del governatorato di
Raqqa, a ridosso del confine con la Turchia. “A Raqqa, per un mese, ha
aspettato che mi assegnassero un ruolo – ricorda -. Mi hanno mandato a Deir
Ezzor, dove sono stato 4 mesi e poi ho deciso di tornare a Raqqa. A Deir Ezzor
facevo parte di un’unità di polizia Ribat (in realtà significa nucleo di prima
linea), facevo pattugliamenti soprattutto la notte. Inoltre assistevo la gente fornendo
generi di necessità”. Bougana infatti non ha mai combattuto: “ho paura
dei bombardamenti”, ammette.
Bougana
ricorda che a Raqqa viveva “in una casa fornita dall’Isis che dava anche
uno stipendio, circa 150 dollari, io andavo al lavoro e mia moglie stava a
casa” e che “dal vivo ho visto solo tagliare la mano a una persona
che aveva rubato”. “La maggior parte dei combattenti stranieri che ho
conosciuto veniva dalla Germania – aggiunge -. Ho conosciuto combattenti che
hanno vissuto in Italia due o tre anni, erano marocchini e algerini. Ma i combattenti
più feroci, più duri e più freddi erano quelli che venivano dalla Russia, non avevano
misericordia”.
L’ex
terrorista dell’Isis parla poi della sua cattura (“Sono andato con un
trafficante ma lui lavorava con le forze curde e mi ha consegnato”), era
con suoi figlie avuti in Siria di 5, 3 e 2 anni (“ci hanno separato
subito”), non li sente dal quel giorno. In carcere “è difficile, una
vita dura. Io – spiega – sono cresciuto in Italia, per i prigionieri siriani e
arabi è normale stare lì dentro, il cibo non è il massimo, le stanze sono
piccole, la luce non c’è. Spero di uscire da qui, anche se andrò in prigione in Italia è
sicuramente meglio”. Si sente un terrorista? “Penso di esserlo stato,
non così grande, però adesso è finita. Sono uscito, sono ancora vivo, spero che
un giorno potrò vivere con mia moglie e i miei figli, tornare a una vita
normale. Spero in Italia, lì sono cresciuto”. E confessa: “Sono pentito
di essere venuto qui. Ho visto come è questa vita, ho avuto paura delle bombe,
avevo paura per me e i miei figli. Adesso sono
pronto a tornare se decidono di portarmi in Italia”. “Spero di
tornare e vivere libero”, dice ancora Bougana, “se devo pagare per
quello che ho fatto, pagherò, spero di non essere ucciso”. “Rimango
musulmano – conclude – ma non voglio avere più a che fare con la guerra, ciò
che ho vissuto mi basta”. (Sib/AdnKronos)