Ottocento bambini, orfani, scampati ai campi di
concentramento nazisti e salvati della brigata di genieri ebrei britannica
Solel Boneh, che trovarono riparo e tornarono alla vita grazie alla
solidarieta’ degli abitanti di un piccolo paese lombardo, Selvino, che li accolse,
dando una casa e un’educazione.
E’ questa la storia reale raccontata nel film
documentario di Francesca Muci ‘La casa dei bambini’, realizzato in occasione
della Giornata della Memoria. Nato da un’idea di Gady Castel, il film verrà
portato in tour per l’Italia (dopo la proiezione al Cinema Barberini di Roma,
verra’ proiettato nel paese dove tutto e’ avvenuto, a Selvino, l’8 febbraio, poi
a Bergamo il 12, a Bologna il 13 e il 14 febbraio a Milano, la citta’ dalla cui
comunita’ si mosse il primo passo per l’accoglienza dei ‘bambini di Selvino’).
Il film ricostruisce la storia di 800 piccoli orfani
scampati alla Shoah, salvati dalla brigata di genieri ebrei dell’esercito
britannico, la Solel Boneh, che si impegno’ affinche’ i bambini potessero avere
una nuova vita. Per tre anni, dal 1945
al 1948, questi bambini furono ospitati calorosamente da Selvino, un piccolo
comune lombardo, battezzato Sciesopoli in onore di Antonio Sciesa, un patriota
risorgimentale.
A Selvino, dove sorgeva una vecchia colonia dei balilla
milanesi, Moshe Zeiri, il tenente direttore della colonia si impegnò affinché
sui volti dei piccoli ospiti, tornassero i sorrisi e una nuova vita. Insieme al
lavoro e alla bontà d’animo di tanti, a Sciesopoli si sperimentò uno
straordinario metodo didattico rivolto ai ragazzi, che mescolava storia,
tradizioni, recite teatrali e piccoli concerti. Zeiri infatti, da musicista,
fece sì che l’attività di un coro diventasse il fulcro di attività culturali e
di socialità. Accanto a lui Matilde Cassin ed Eugenia Cohen, figure cardine in
questo percorso educativo nuovissimo, in cui cultura e società riuscirono a
coesistere perfettamente nonostante le provenienze geografiche diverse dei
ragazzi e, soprattutto, nonostante le indelebili esperienze traumatiche.
Si lavorò duramente per riprendere i ritmi di vita
normale, le consuetudini giornaliere, la dimestichezza con le nuove lingue e,
semplicemente, la capacità a dormire una notte intera indisturbati da incubi
notturni. Nella colonia nacquero amicizie, amori, piccole e future comunità;
inevitabilmente si mescolavano le vite dei giovani ospiti a quelle degli
abitanti del luogo. Certamente con la consapevolezza per tutti, che si trattava
di un “momento”, che quel luogo era solo un luogo di transito verso la Terra
Promessa. Tra il 1946 ed il 1949, la maggior parte dei “bambini di
Selvino” fu imbarcata sulla Motonave Rondine Enzo Sereni. Quasi tutti
furono accolti in Eretz Israel, nei kibbutz Tze’elim e Hanita. E tutt’ora
vivono lì insieme come una grande famiglia, replicando il loro felice
modello-Selvino.
Adesso, dopo tanto tempo, il film tenta di ritrovare il
gusto di quei sapori, di quelle voci amiche. Ripercorre le aule, la mensa, i
dormitori, i giardini e i colori di quei pomeriggi in montagna, gli
insegnamenti di quei maestri armati del bisogno di non far sentire più soli i
ragazzi. Attraverso eccezionali documenti d’archivio su Sciesopoli, di
fotografie, di filmati del grande Archivio Luce, e delle testimonianze dei
‘ragazzi’ di allora intervistati oggi, con accenti commossi, divertiti,
memoriali, si ripercorre il filo di quell’esperienza unica: umana, didattica,
sociale, culturale nel senso più pieno di abbraccio tra sapere e vivere.